Corte di Cassazione – Sentenza n. 17963 del 4 luglio 2019

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 27659/2012 R.G. proposto da:

(OMISSIS) S.R.L.;
– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, alla via Portoghesi, n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende come per legge;
– controricorrente –

avverso la sentenza n. 52/42/12 della Commissione Tributaria regionale della Lombardia depositata il 12 aprile 2012;

udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 27 maggio 2019 dal Consigliere Pasqualina Anna Piera Condello;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Dott. Umberto De Augustinis, che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso;

udito il difensore della parte ricorrente, avv. (OMISSIS), per delega dell’avv. (OMISSIS);

udito il difensore della parte controricorrente, avv. (OMISSIS).

FATTI DI CAUSA

La societa’ (OMISSIS) s.r.l. proponeva appello avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Milano con la quale il giudice di primo grado aveva dichiarato inammissibile, per tardivita’, il ricorso proposto avverso la cartella di pagamento emessa a seguito di controllo automatizzato del Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, ex articolo 36 – bis, in relazione all’anno d’imposta 2006, riportante iscrizioni a ruolo di somme per omesso versamento del saldo IRES e IRAP.

La Commissione tributaria regionale, accogliendo la eccezione preliminare sollevata dall’Ufficio, rigettava l’appello perche’ inammissibile ai sensi del Decreto Legislativo n. 546 del 1992, articolo 53, rilevando che lo stesso era privo delle sottoscrizioni del rappresentante della societa’ e dei difensori e che la procura non risultava firmata dal legale rappresentante.

Avverso la suddetta decisione ricorre per cassazione, con quindici motivi, la societa’ (OMISSIS) s.r.l..

L’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo, deducendo violazione e falsa applicazione del Decreto Legislativo n. 546 del 1992, articolo 53, censura la decisione impugnata nella parte in cui i giudici di secondo grado hanno dichiarato l’inammissibilita’ dell’appello.

Dando atto dell’effettiva mancanza della sottoscrizione del ricorso d’appello notificato all’Agenzia delle Entrate in data 8 novembre 2011, evidenzia che le copie depositate presso la segreteria della Commissione tributaria regionale, in data 9 novembre 2011, risultano, invece, sottoscritte e siglate in ogni pagina e che la procura e’ stata debitamente firmata dal legale rappresentante della societa’; aggiunge che durante la pubblica udienza del 11 gennaio 2012 i difensori avevano fatto rilevare tale circostanza, richiamando giurisprudenza di questa Corte che escludeva, in tale ipotesi, la declaratoria di inammissibilita’ del ricorso.

2. Con il secondo motivo, denunciando omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, costituito dalla verifica della sottoscrizione sul ricorso in originale depositato in Cancelleria ed acquisito al fascicolo processuale, ribadisce che aveva immediatamente fatto notare ai giudici regionali che la carenza di sottoscrizione era rilevabile solo sulla copia del ricorso in appello notificata all’Amministrazione finanziaria e non anche sull’originale depositato in Commissione tributaria.

3. Con il terzo motivo, denunciando violazione dell’art. 112 c.p.c. e mancanza di corrispondenza tra richiesto e giudicato, rileva che l’intero giudizio e’ viziato, in quanto sia i giudici di primo grado che i giudici d’appello hanno dichiarato l’inammissibilita’ del ricorso in primo grado e dell’appello senza giudicare sulla eccepita violazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, stante la irregolarita’ della notificazione della cartella di pagamento per omessa compilazione e sottoscrizione della relata di notifica, che determina giuridica inesistenza dell’atto impugnato – e sulla violazione del combinato disposto della L. 7 agosto 1990, n. 241, art. 21 – septies e della L. n. 212 del 2000, art. 7, da cui scaturisce la nullita’ dell’atto impugnato per insussistenza della ragione di credito.

4. Con il quarto motivo, si deduce violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26 ed illegittimita’ della notifica della cartella di pagamento.
Ad avviso della contribuente, il procedimento di notificazione della cartella di pagamento sarebbe viziato perche’ non e’ stata compilata la relata di notifica ad opera dell’agente a cio’ abilitato, adempimento imposto dall’art. 149 c.p.c., comma 2, anche per le notificazioni eseguite tramite il servizio postale, la cui mancanza comporta giuridica inesistenza della stessa notificazione della cartella di pagamento, non sanabile per effetto dell’intervenuta impugnazione dell’atto dinanzi al giudice tributario.

5. Con il quinto motivo, la ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione della L. 20 novembre 1982, n. 890, art. 14, sottolineando nuovamente che l’agente notificatore puo’ scegliere di effettuare la notificazione sia a mani sia a mezzo posta e che, in ogni caso, in entrambe le ipotesi, deve comunque seguire le regole previste per la notificazione, fra cui quella relativa all’obbligo di redigere ed allegare all’atto notificato la relata di notifica debitamente compilata, con data, firma e indicazione di chi riceve l’atto.

6. Con il sesto motivo, deduce violazione della L. 20 novembre 1982, n. 890, art. 7 ed illegittimita’ della notifica della cartella esattoriale e sostiene che, nel caso di specie, la consegna della raccomandata contenente la cartella esattoriale impugnata e’ stata fatta nelle mani del custode dello stabile dove aveva sede lo studio legale che rappresentava la societa’ e non, come previsto dalla L. n. 890 del 1982, cit. art. 7, comma 2, ad un incaricato dello stesso studio legale, per cui la mancata compilazione della relata di notifica non consentiva di conoscere i motivi che avevano impedito al messo di eseguire la notifica a mani del destinatario.

7. Con il settimo motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36 e motivazione contraddittoria e insufficiente.
La ricorrente fa rilevare che la sentenza impugnata non ha riscontrato alcuna delle richieste poste a fondamento dell’appello, ed in particolare quelle riguardanti la motivazione della sentenza di primo grado che aveva dichiarato l’inammissibilita’ del ricorso “d’ufficio”.

8. Con l’ottavo motivo, si deduce violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36 ed omissione dell’indicazione di elementi essenziali della sentenza, risultando la sentenza di primo grado carente di quanto richiesto ai sensi del cit. art. 36, punti 2) e 3), ossia della concisa esposizione dello svolgimento del processo e delle richieste delle parti.

9. Con il nono motivo, si denuncia violazione ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 18, perche, essendo stata dichiarata d’ufficio l’inammissibilita’ del ricorso di primo grado per mancanza di prova, da parte del contribuente, della tempestivita’ dell’impugnazione, la Commissione provinciale avrebbe violato la disposizione normativa indicata in rubrica che non richiede, tra i requisiti necessari del ricorso, anche la “prova della data di notifica dell’atto impugnato”.

10. Con il decimo motivo, deducendo violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 27 e 36, si censura la sentenza di primo grado per il fatto che la dichiarazione di inammissibilita’ del ricorso introduttivo avrebbe dovuto essere dichiarata con decreto, anziche’ con sentenza.

11. Con l’undicesimo motivo, si denuncia violazione dell’art. 101 c.p.c. e mancanza del necessario contraddittorio.
La contribuente lamenta che i giudici di primo grado, prima di addivenire alla declaratoria d’inammissibilita’ del ricorso, avrebbero dovuto concedere un termine per il deposito o la produzione di documenti, al fine di consentire alla parte ricorrente di controdedurre sulla eccezione.

12. Con il dodicesimo motivo, la ricorrente denuncia violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21 e addebita ai giudici di primo grado di avere erroneamente invertito l’onere della prova, pur essendo pacifico che grava sulla parte processuale che invoca la tardivita’ dell’impugnazione dimostrare tale circostanza.

13. Con il tredicesimo motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 146 del 1998, art. 10, comma 4 e l’inapplicabilita’ degli studi di settore.
La ricorrente spiega che la societa’ nell’anno in contestazione (2006) rientrava nella previsione della L. n. 146 del 1998, art. 10, comma 4, sub. b), che escludeva dall’assoggettamento agli studi di settore i contribuenti che si trovavano nel primo esercizio di attivita’, con la conseguenza che la cartella era nulla perche’ priva del titolo che originava la pretesa.
Pur essendo stata costituita nell’anno 2005, aveva effettivamente iniziato la propria attivita’ nel corso del 2006, come emergeva anche dalla sola lettura del bilancio chiuso al 31 dicembre 2006; la cartella di pagamento si basava sul maggior ricavo desunto dallo studio di settore, non applicabile alla contribuente per l’anno d’imposta oggetto di rettifica.

14. Con il quattordicesimo motivo, la contribuente deduce violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, ribadendo che la pretesa fiscale si fonda unicamente sull’applicazione dello studio di settore.

15. Con il quindicesimo motivo, censura la decisione per violazione e falsa applicazione del D.P.R. 22 luglio 1998, n. 322, art. 2 ed eccepisce l’illegittimita’ della cartella perche’ non prende in considerazione la dichiarazione integrativa inviata dalla contribuente, facolta’ consentita dal D.P.R. 22 luglio 1998, n. 322, art. 2, commi 8 e 8 – bis al fine di correggere eventuali errori commessi nella compilazione della dichiarazione dei redditi.

16. Il primo ed il secondo motivo di ricorso che, essendo strettamente connessi, possono essere trattati congiuntamente, sono fondati, con assorbimento dei restanti motivi.

16.1. Risulta pacifico in fatto che il ricorso in appello notificato all’Agenzia delle Entrate era privo della sottoscrizione del legale rappresentante della societa’ e dei difensori e che la procura non risultava firmata dal rappresentante legale, avendo la stessa parte ricorrente, a pag. 7 del ricorso, ammesso detta circostanza.
La contribuente ha, tuttavia dedotto che l’originale del ricorso in appello depositato presso la Cancelleria della Commissione tributaria regionale risulta regolarmente sottoscritto.

16.2. In controricorso, l’Agenzia delle Entrate, richiamando il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 18, commi 3 e 4, ratione temporis vigente, oltre a ribadire che l’atto di impugnazione ad essa notificato non puo’ ritenersi validamente proposto perche’ manca la sottoscrizione dei difensori, non contiene l’indicazione dell’incarico, a norma del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 12, comma 3 e neppure reca la firma del legale rappresentante della societa’, ha sottolineato, richiamando il principio affermato da questa Corte con la sentenza 15 giugno 2010, n. 14389, che la sottoscrizione delle copie del ricorso depositate presso la Commissione tributaria regionale e’ di per se’ irrilevante ed inidonea a sanare l’inammissibilita’ del ricorso.

16.3. Occorre premettere che le previsioni di inammissibilita’, proprio per il rigore sanzionatorio, devono essere interpretate in senso restrittivo, limitandone cioe’ l’operativita’ ai soli casi nei quali il rigore estremo (extrema ratio) e’ davvero giustificato, dovendosi tenere presente l’insegnamento fornito dalla Corte Costituzionale, con particolare riguardo al processo tributario, secondo il quale le disposizioni processuali tributarie devono essere lette in armonia con i valori della “tutela delle parti in posizione di parita’, evitando irragionevoli sanzioni di inammissibilita’” (sentenze Corte Cost. n. 189 del 2000 e n. 520 del 2002).

16.4. Sul punto, questa Corte ha precisato che “la chiave di volta dell’intero regime delle inammissibilita’ del ricorso introduttivo del giudizio tributario va individuato nel D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 22, comma 5 (secondo cui “ove sorgano contestazioni il giudice tributario ordina l’esibizione degli originali degli atti e dei documenti di cui ai precedenti commi”), il quale stabilisce una sorta di possibile causa di esclusione della sanzione dell’inammissibilita’ quando vi sia modo di accertare la sostanziale regolarita’ dell’atto e l’osservanza delle regole processuali fondamentali.

In particolare, con riferimento alla previsione di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 22, comma 1, riguardante la menzionata attivita’ di consegna del ricorso in originale all’Ufficio finanziario e di deposito della copia, attestata come conforme dalla parte, presso la segreteria della Commissione, non si puo’ far discendere l’inammissibilita’ del ricorso introduttivo del giudizio dalla eventuale irregolarita’ che abbia avuto ad oggetto tale procedura, e, in ipotesi, sia consistita nel rovesciamento dell’ordine procedimentale fissato dalla legge, con la consegna della copia (anziche’ dell’originale) all’Ufficio ed il deposito dell’originale (anziche’ della copia conforme) presso l’organo giurisdizionale (Cass. n. 10282 del 2 maggio 2013).

16.5. Si e’, quindi, escluso, in applicazione di tali principi, che il ricorso introduttivo possa considerarsi inammissibile per il solo fatto che all’Ufficio sia stata consegnata una copia conforme del ricorso, e non l’originale, in quanto l’inammissibilita’ discende solo dalla difformita’ – eventualmente riscontrata da parte del giudice all’esito dell’esibizione degli originali disposta ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 22, comma 5 – tra l’atto consegnato o spedito per posta all’Ufficio e quello depositato nella segreteria della Commissione tributaria (Cass. n. 21170 del 31/10/2005; Cass. n. 6391 del 22/3/2006; n. 29394 del 16/12/2008; Cass. 15444 del 30/6/2010; n. 6130 del 16/3/2011).

16.6. Pertanto, secondo il consolidato orientamento di questa Corte, “in tema di contenzioso, la mancata sottoscrizione della copia del ricorso consegnata o spedita per posta all’Amministrazione finanziaria ne comporta la mera irregolarita’ se l’originale, depositato nella segreteria della commissione tributaria, risulta sottoscritto, e non l’inammissibilita’ di cui al D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 18, comma 4 e art. 22, comma 2, che non si applicano qualora un esemplare dell’atto rechi la firma autografa dell’autore, poiche’ il resistente e’ comunque in grado di verificare la sussistenza della sottoscrizione sull’originale prima della propria costituzione, il cui termine scade successivamente a quello stabilito per la costituzione del ricorrente” (Cass. n. 10282 del 2/5/2013; Cass. n. 24462 del 17/11/2014; Cass. n. 12621 del 19/5/2017; Cass., ord. n. 8213 del 30/3/2017; Cass., ord. n. 3089 del 1/2/2019).

16.7. Le “copie del ricorso”, di cui l’art. 18 cit. impone la sottoscrizione a pena di inammissibilita’, come chiarito da questa Corte (Cass. n. 14389 del 15 giugno 2010), sono soltanto quelle “destinate alle altre parti” – quindi le copie impiegate per la “notificazione” (nel senso del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 16, comma 3, per il quale “le notificazioni possono essere fatte anche direttamente a mezzo del servizio postale mediante spedizione dell’atto in plico senza busta raccomandata con avviso di ricevimento”, “ovvero”, se dirette ad un “ufficio” tributario o all'”ente locale”, “mediante consegna dell’atto all’impiegato addetto che ne rilascia ricevuta sulla copia”) del medesimo ricorso a dette “altre parti”; inoltre, nella previsione delle “altre parti” del processo, giusta la identificazione delle stesse operata dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 10, non e’ compreso il giudice perche’ soggetto (come le parti) del processo, ma non parte dello stesso processo.

Conseguentemente, il tenore letterale della norma lascia ritenere che essa regola unicamente e, quindi, si applica soltanto all’ipotesi di ricorso proposto contro piu’ parti (come nel caso di ricorso proposto contro l’ente impositore ed il concessionario della riscossione o di appello proposto non da tutti i litisconsorti necessari e da notificare agli stessi per l’integrita’ del contraddittorio), e non alla “costituzione in giudizio del ricorrente” (e/o dell’appellante, tenuto conto del disposto dell’art. 53, comma 2, secondo cui “il ricorso in appello….deve essere depositato a norma dell’art. 22, commi 1, 2 e 3”), perche’ l’attivita’ di “costituzione in giudizio del ricorrente” e’ specificamente, nonche’ diversamente, regolata dal medesimo D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 22, il cui comma 1 prevede che “il ricorrente” deve depositare (“entro trenta giorni dalla proposizione del ricorso, a pena di inammissibilita’”), nella segreteria della commissione tributaria adita (oppure trasmettere “a mezzo posta, in plico raccomandato senza busta con avviso di ricevimento”), “l’originale del ricorso” se “notificato a norma degli artt. 137 c.p.c. e ss.” ovvero “copia del ricorso consegnato o spedito per posta”, con la precisazione che “in caso di consegna o spedizione a mezzo di servizio postale la conformita’ dell’atto depositato a quello consegnato o spedito e’ attestata conforme dallo stesso ricorrente” (Cass. n. 14389 del 15 giugno 2010).

16.8. La mancanza di sottoscrizione sanzionabile con l’inammissibilita’ del ricorso va, dunque, intesa come mancanza materiale del requisito imposto dalla legge, e non gia’ quando essa risulti presente per relationem attraverso il rinvio implicito della fotocopia all’atto originale e questa conformita’ non sia stata contestata o, se anche lo sia stata, essa e’ comunque infondata.
Come evidenziato da questa Corte gia’ con sentenza n. 6391 del 2006 citata, la sanzione dell’inammissibilita’ del ricorso, rilevabile d’ufficio, non sanata e non sanabile neppure dalla costituzione in giudizio del resistente, “appartiene al novero di quelle c.d. forti”, cioe’ delle sanzioni “caratterizzate dalla insanabilita’ del vizio” e, pertanto, per il suo “rigore sanzionatorio”, la portata della stessa deve essere interpretata “in senso restrittivo”, ossia riservando ad essa “un limitato campo di operativita’, comprensivo cioe’ di quei soli casi nei quali il rigore estremo dell’inammissibilita’ (vera e propria extrema ratio) e’ davvero giustificato “.

La previsione di inammissibilita’, quindi, deve farsi conseguire solo la’ dove e nei limiti in cui la mancanza della sottoscrizione sia effettiva, non quando essa risulti presente per relationem, attraverso il rinvio implicito dalla fotocopia all’atto (originale) depositato presso la segreteria dell’Ufficio e questa conformita’ non sia contestata.

17. Quanto, poi, alla mancanza della sottoscrizione della procura, non puo’ che ribadirsi il principio secondo cui e’ sufficiente che la sottoscrizione della parte sia contenuta nell’originale e sia seguita dall’autenticazione del difensore e che la copia notificata contenga soltanto elementi idonei a dimostrare la provenienza dell’atto da difensore munito di procura speciale, come la trascrizione o l’indicazione del mandato, per cui “la sottoscrizione della procura (come pure dell’autenticazione del difensore) deve essere sempre rilevata con riferimento all’originale dell’atto e non alla copia notificata” (Cass. n. 13208 del 6 giugno 2007).
Estendendo, infatti, al giudizio tributario i principi sviluppati per quello civile ordinario, in forza dei quali “non occorre che la procura sia integralmente trascritta nella copia notificata all’altra parte, ben potendosi pervenire, attraverso altri elementi, alla ragionevole certezza che il mandato sia stato conferito prima della notificazione dell’atto” (Cass. n. 15173 del 29/11/2001; n. 15354 del 9/8/2004), si e’ precisato (Cass. n. 8601 del 12 aprile 2006) che “la conformita’ del ricorso rispetto all’originale notificato dal contribuente all’Ufficio impositore deve riguardare il contenuto dell’atto”, con la conseguenza che “deve ritenersi sufficiente l’apposizione” (nella copia) di una “nota che attesti la presenza…. sull’originale” del “mandato rilasciato al difensore”.

18. Nella sentenza oggetto di impugnazione i giudici regionali hanno accolto l’eccezione d’inammissibilita’ del ricorso in appello sollevata dall’Agenzia delle Entrate cosi’ motivando: “Esaminati gli atti di causa, ed in particolare l’atto di appello proposto da parte privata, il Collegio rileva come questo sia privo delle sottoscrizioni del rappresentante della societa’ e dei difensori, ne’ la procura risulta firmata dal legale rappresentante, pertanto ritiene l’appello inammissibile per violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53”.

Non conformandosi ai principi di diritto sopra richiamati, i giudici regionali hanno dichiarato l’inammissibilita’ dell’appello limitandosi a verificare la mancata sottoscrizione della copia spedita a mezzo posta all’Agenzia delle Entrate e, pertanto, la sentenza va cassata, con rinvio alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, in diversa composizione, per la verifica in fatto dell’avvenuta apposizione della firma sull’originale del ricorso depositato nella segreteria della Commissione tributaria regionale e l’eventuale prosieguo dell’esame del merito, oltre che per la regolamentazione delle spese del giudizio di legittimita’.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo ed il secondo motivo e dichiara assorbiti i restanti motivi, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimita’.