Corte di Cassazione – Sentenza n. 12485 del 10 maggio 2019

SENTENZA

sul ricorso 27394-2015 proposto da:

ROMA CAPITALE;
– ricorrente –

contro

(OMISSIS);
– intimato –

avverso la sentenza n. 2295/2015 della COMM. TRIB. REG. di ROMA, depositata il 16/04/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 03/04/2019 dal Consigliere Dott. ZOSO LIANA MARIA TERESA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE MATTEIS STANISLAO che ha concluso per l’accoglimento del 4 motivo di ricorso;

udito per il ricorrente l’Avvocato (OMISSIS) che ha chiesto l’accoglimento.

ESPOSIZIONE DEI FATTI DI CAUSA

1. (OMISSIS) impugnava gli avvisi accertamento Ici notificati da Roma Capitale per gli anni 2006, 2007 e 2008 relativamente a tre immobili siti in Roma. La commissione tributaria provinciale di Roma rigettava il ricorso. Proposto appello da parte del contribuente, la commissione tributaria regionale del Lazio lo accoglieva sul rilievo che la notifica dei tre avvisi di accertamento relativi agli immobili era nulla in quanto era stata effettuata a mezzo posta con l’invio di una sola busta raccomandata, senza indicazione in essa degli estremi dei singoli accertamenti, cosi’ come previsto dalla L. n. 269 del 2006, articolo 1, comma 161. Inoltre il Comune non aveva tenuto conto che i cespiti accatastati erano stati concessi in comodato d’uso gratuito al figlio del contribuente, che li utilizzava come abitazione principale e pertinenza. Non assumeva rilievo il fatto che il ricorrente non avesse comunicato al Comune la concessione in uso gratuito dell’immobile al congiunto in quanto egli aveva prodotto comunque in giudizio prova documentale, ossia il certificato storico anagrafico rilasciato dal Comune di Roma con cui era stato attestato che il figlio risultava residente negli immobili per cui e’ causa.

2. Avverso la sentenza della CTR propone ricorso per cassazione Roma capitale affidato a quattro motivi. Il contribuente non si e’ costituito in giudizio.

Il Procuratore Generale ha depositato memoria.

ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo la ricorrente deduce violazione di legge, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione alla L. n. 296 del 2006, articolo 1, comma 161 ed all’articolo 156 c.p.c.. Sostiene che la CTR illegittimamente ha annullato gli avvisi di accertamento sul presupposto che la notifica di essi era irritualmente avvenuta a mezzo spedizione postale con un’unica busta raccomandata. Cio’ in quanto l’irregolarita’ della notifica doveva ritenersi sanata per il raggiungimento dello scopo cui era destinata, posto che il contribuente aveva tempestivamente impugnato tutti gli avvisi di accertamento cosi’ notificati.

2. Con il secondo ed il terzo motivo la ricorrente deduce, rispettivamente, omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che e’ stato oggetto di discussione tra le parti e violazione di legge, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, censurando la sentenza impugnata in quanto la CTR non si e’ pronunciata sul fatto decisivo relativo all’inammissibilita’ del ricorso in appello per violazione del Decreto Legislativo n. 546 del 1992, articolo 53, comma 1, non avendo l’appellante svolto argomentazioni critiche in ordine alla sentenza impugnata ed essendosi limitato a riproporre le censure svolte in primo grado.

3. Con il quarto motivo deduce violazione di legge, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione al Decreto Legislativo n. 504 del 1992, articolo 6, al Reg. Ici deliberato dal Comune di Roma, articolo 11, comma 3 e articolo 14 bis, comma 1. Sostiene che, in difetto di comunicazione preventiva da parte del contribuente della concessione degli immobili in uso gratuito al figlio, l’agevolazione Ici non spettava di talche’ erroneamente la CTR ha affermato che fosse sufficiente, al fine di ottenere l’agevolazione stessa, il fatto che il contribuente avesse prodotto in giudizio l’attestazione della residenza del congiunto negli immobili per cui e’ causa.

4. Osserva la Corte che il primo motivo di ricorso e’ fondato. Invero questa Corte ha gia’ avuto modo di affermare il principio secondo cui, in tema di ICI, la spedizione di plurimi avvisi di accertamento in un’unica busta raccomandata non integra alcuna nullita’, riverberando esclusivamente sul piano delle mere irregolarita’ formali, laddove non venga accertato un effettivo pregiudizio all’esercizio, da parte del destinatario, del diritto di difesa (Cass. n. 27165 del 16/12/2011). Nel caso di specie alcun pregiudizio e’ derivato al destinatario, il quale ha tempestivamente impugnato gli avvisi contenuti nella busta. Peraltro mette conto considerare che la Corte di legittimita’ a Sezioni Unite, con la sentenza n. 14916 del 20/07/2016, ha affermato il principio secondo cui l’inesistenza della notifica, che come tale non puo’ essere sanata dal raggiungimento dello scopo giusta l’articolo 156 c.p.c, sussiste solo quando il lamentato vizio di notifica attenga agli elementi costitutivi essenziali dell’atto.

5. Il secondo ed il terzo motivo sono infondati. Cio’ in quanto la mancanza o l’assoluta incertezza dei motivi specifici dell’impugnazione, le quali, ai sensi del Decreto Legislativo n. 546 del 1992, articolo 53, comma 1, determinano l’inammissibilita’ del ricorso in appello, non sono ravvisabili qualora il gravame contenga una motivazione interpretabile in modo inequivoco, potendo gli elementi di specificita’ dei motivi essere ricavati, anche per implicito, dall’intero atto di impugnazione considerato nel suo complesso, comprese le premesse in fatto, la parte espositiva e le conclusioni. Cio’ in quanto nel processo tributario la sanzione di inammissibilita’ dell’appello per difetto di specificita’ dei motivi, prevista dal Decreto Legislativo n. 546 del 1992, articolo 53, comma 1, deve essere interpretata restrittivamente, in conformita’ all’articolo 14 preleggi, trattandosi di disposizione eccezionale che limita l’accesso alla giustizia, dovendosi consentire, ogni qual volta nell’atto sia comunque espressa la volonta’ di contestare la decisione di primo grado, l’effettivita’ del sindacato sul merito dell’impugnazione Cass. n. 707 del 15/01/2019; Cass. n. 20379 del 24/08/2017). Ne consegue che non puo’ affermarsi l’inammissibilita’ dell’appello per aver il contribuente riproposto gli argomenti gia’ svolti nel giudizio di primo grado, considerato che essi si ponevano in contrasto con le statuizioni della sentenza impugnata e ne costituivano implicita critica.

6. Il quarto motivo e’ fondato. Invero nel caso in cui il comune abbia stabilito con apposito regolamento, come nel caso di specie, il diritto a fruire di aliquota agevolata (nei limiti di quanto previsto dal Decreto Legislativo n. 504 del 1992, articolo 6), il contribuente e’ tenuto a presentare la dichiarazione attestante la sussistenza dei requisiti oggettivi e soggettivi per il godimento dell’agevolazione, dovendo porre il Comune nella condizione di valutare la sussistenza dei presupposti per l’agevolazione, a meno che l’ente territoriale non sia gia’ in possesso della documentazione da cui sia evincibile la sussistenza dei presupposti per la riduzione dell’aliquota, tenuto conto del principio di collaborazione e buona fede che deve improntare i rapporti tra ente impositore e contribuente – sancito dalla L. n. 212 del 2000 (cfr. Cass. n. 12304 del 17/05/2017), articolo 10, comma 1. Nel caso di specie, ove il contribuente si e’ limitato a produrre in giudizio il certificato storico anagrafico rilasciato dal Comune di Roma attestante la residenza del figlio negli immobili per cui e’ causa, l’agevolazione deve ritenersi, dunque, non spettante.

7. Il ricorso va dunque accolto e l’impugnata sentenza cassata. Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito, a norma dell’articolo 384 c.p.c., comma 2 ed il ricorso originario del contribuente va rigettato. Le spese processuali dei giudizi di merito si compensano tra le parti in considerazione delle alterne vicende processuali e quelle di questo giudizio, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo ed il quarto motivo di ricorso, rigetta il secondo ed il terzo, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso originario del contribuente. Compensa le spese processuali relative ai giudizi di merito e condanna il contribuente a rifondere a Roma Capitale le spese processuali di questo giudizio, spese che liquida in complessivi Euro 1.200,00, oltre al rimborso delle spese forfettarie nella misura del 15% ed oltre agli accessori di legge.