Corte di Cassazione – Sentenza n. 11452 del 23 luglio 2003

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(omissis) S.r.l.;

ricorrente

contro

(omissis);

intimato

avverso la sentenza n. 950/98 della Corte d’Appello di Napoli, sezione IV civile emessa il 25/3/1998, depositata il 27/04/98; RG. 114/95;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 05/12/02 dal Consigliere Dott. Maria Margherita Chiarini;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Maurizio Velardi che ha concluso per l’accoglimento del 1° motivo, assorbito il 2° ed il 3° motivo di ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con citazione dell’11 dicembre 1990 (omissis) conveniva dinanzi al Tribunale di S. Maria Capua Vetere la (omissis) S.r.l., affiliato Standa, in (omissis), chiedendo che fosse condannata a risarcirgli i danni derivatigli per esclusiva responsabilità della convenuta e derivatigli dall’improvvisa caduta di alcuni scatolami che lo avevano colpito, provocandogli gravi lesioni, mentre si trovava il 14 agosto 1990 all’interno del supermercato gestito dalla stessa.

Il Tribunale, con sentenza del 31.1.1994, preso atto della ricevuta di ritorno della citazione notificata alla convenuta a mezzo posta, ne dichiarava la contumacia. Quindi, ritenuta l’esclusiva responsabilità della stessa per non aver vigilato sull’efficienza del locale e custodito la merce ivi esistente (art. 2051 c.c.), la condannava al pagamento di £ 111.721.200, oltre agli interessi legali.

La (omissis) S.r.l. appellava deducendo: 1) aveva appreso dello svolgimento del giudizio di primo grado nei suoi confronti attraverso la sentenza di condanna, che aveva accettato di ricevere malgrado fossero stati erroneamente indicati sia la sua denominazione – S.r.l. (omissis), anziché (omissis) – sia il numero civico della sede della stessa – n. 3, anziché n. 163 – 2) a causa delle stesse erronee indicazioni non aveva avuto conoscenza dell’atto di citazione, perciò nullo (art. 164 c.p.c.) e inesistente; 3) detti errori ne determinavano altresì la nullità della notifica (art. 160 c.p.c.), mentre l’impossibilità di costituirsi le aveva tra l’altro impedito di chiamare in garanzia l’assicurazione: 4) la presenza sul pavimento di “sostanza acquosa mista a piselli” era conseguenza del sinistro e non causa di esso, determinato invece dall’urto del (omissis) contro lo scaffale, facendo cadere i barattoli e le scatole che vi erano sistemati; 5) la determinazione dell’invalidità effettuata dal C.T.U. nella misura del 35% era eccessiva, così come i danni riconosciuti.

Il (omissis) contestava tutte le eccezioni avversarie, in particolare quella relativa alla mancata notifica dell’atto di citazione provata invece dalla cartolina di ritorno, mentre le rilevate inesattezze sull’indicazione della destinataria di esso erano irrilevanti perché non determinavano assoluta incertezza, tant’è che la sentenza di primo grado, notificata con lo stesso nome e indirizzo, era stata ricevuta.

La S.r.l. (omissis) proponeva allora querela di falso avverso la relata di notifica contenuta nell’avviso di ricevimento dell’atto di citazione in primo grado assumendo che, dopo la consegna da parte dell’agente postale, erano state aggiunte, con grafia diversa rispetto “alla globalità dell’atto”, a fianco della firma (illeggibile) di chi lo aveva ricevuto, le parole “inc. al ritiro”, senza ulteriori specificazioni; disconosceva quindi tale firma come proveniente da rappresentante o dipendente di essa società (art. 145, 1 e 3 comma c.p.c.), chiedendo altresì prova testimoniale sulla non ricezione dell’atto.

Il (omissis), interpellato, dichiarava di volersi avvalere del documento impugnato di falso.

Con sentenza del 27 aprile 1998 la Corte di Appello di Napoli rigettava il gravame sulle seguenti considerazioni: 1) la querela di falso era infondata perché non attinente al giudizio di secondo grado, ma invece riferita all’avviso di ricevimento della notifica della citazione di primo grado e concernente non l’attestazione del pubblico ufficiale, bensì le parole “inc. al ritiro”, palesemente scritte dall’ufficiale postale recapitante, persona estranea ai fatti di causa; 2) doveva quindi ritenersi che la convenuta fosse stata informata della instaurazione della lite nei suoi confronti, mentre l’erronea indicazione di essa come soc. (omissis) anziché (omissis) non era rilevante perché gli altri elementi esistenti – Affiliato Standa in (omissis) – erano sufficienti per individuarla come destinataria dell’atto.

Avverso questa sentenza ricorre per Cassazione la S.r.l. (omissis) con tre motivi. L’intimato non si è costituito.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Priorità logico – giuridica va riconosciuta al secondo motivo di ricorso, con il quale la ricorrente deduce “Violazione dell’art. 221 c.p.c. in relazione all’art. 2700 c.c. Ammissibilità della querela di falso”, perché concerne la falsa apposizione di un elemento essenziale per la validità della notifica dell’atto di citazione di primo grado si che, se fosse fondato, questa sarebbe insanabilmente nulla perché il destinatario di esso non si è costituito in primo grado, e quindi gli ulteriori motivi con cui sono denunciati i vizi dell’atto di citazione e della notifica di esso sarebbero assorbiti.

Con detto motivo la S.r.l. (omissis) assume che erroneamente la Corte di Appello ha ritenuto inammissibile la proposizione della querela di falso proposta in tale giudizio ritenendola non attinente allo stesso perché avente ad oggetto l’avviso di ricevimento dell’atto introduttivo del giudizio di primo grado. In tal modo infatti ha negato qualsiasi possibilità a colui che non abbia ricevuto un atto del giudizio di primo grado di difendersi in appello, in difformità peraltro con la giurisprudenza di legittimità che ammette la proponibilità della querela di falso allorché la contestazione non involge soltanto l’esistenza della qualifica di colui a cui è stato notificato l’atto, ma si estende al contenuto estrinseco di esso, come nel caso che l’enunciazione della qualità di costui come persona legittimata a riceverlo sia stata aggiunta da altri, dopo la sottoscrizione dell’avviso, perché la relata del pubblico ufficiale fa piena prova dell’eseguita notifica; della data e della persona a cui è consegnato il plico.

Questo è il contenuto sia delle contestazioni formulate all’udienza del 5.4.1996 sia della querela di falso, che pertanto è ammissibile.

Il motivo è fondato.

L’ articolo 7, quarto comma, della legge 20 novembre 1982, n. 890, concernente le notificazioni di atti a mezzo posta connesse con la notificazione di atti giudiziari statuisce: “L’avviso di ricevimento ed il registro di consegna debbono essere sottoscritti da persona alla quale è consegnato il piego e, quando la consegna sia effettuata a persona diversa dal destinatario, la firma deve esser seguita, su entrambi i documenti summenzionati, dalla specificazione della qualità rivestita dal consegnatario, con l’aggiunta, se trattasi di familiare, dell’indicazione di convivente, anche se temporaneo”.

Pertanto, pur se l’agente postale non ha alcun dovere di accertarsi dell’effettiva qualità della persona che riceve l’atto, ha però il dovere di attestare la dichiarazione di costui, elemento essenziale per il perfezionamento e la validità della notifica in quanto consente appunto di presumere un rapporto (famiglia, servizio, impiego) tra il destinatario e il consegnatario dell’atto e di controllare il rispetto delle prescrizioni contenute nel codice di rito sulle persone a cui esso può esser legittimamente consegnato per la notifica (art. 145, primo e terzo comma c.p.c. per il caso di specie).

E poiché a norma dell’art. 1 della precisata legge l’attività compiuta dell’agente postale gli è delegata dall’ufficiale giudiziario, essa è assistita dalla medesima fede privilegiata (art. 2700 c.c.), con la conseguenza che, mentre la veridicità del contenuto delle dichiarazioni ricevute è presunta, in quanto rese a pubblico ufficiale, fino a prova contraria, la ricezione e l’apposizione delle stesse da parte di detto agente sui summenzionati documenti (art. 7 quarto comma, legge 890/1982) fa fede fino a querela di falso. Ne consegue ulteriormente che la contestazione del destinatario dell’atto che non si limiti all’effettiva sussistenza della qualità del consegnatario di esso come persona legittimata a riceverlo, ma affermi che la relativa enunciazione – e cioè, nella specie, le parole “inc. al ritiro” – è stata aggiunta da persona diversa dal pubblico ufficiale, dopo la sottoscrizione del consegnatario dell’atto notificato, può esser fatta valere unicamente mediante esperimento della querela di falso perché ha ad oggetto il c. d. contenuto estrinseco di un atto proveniente da pubblico ufficiale.

Pertanto questo motivo di ricorso va accolto, con conseguente cassazione della sentenza impugnata, mentre gli altri due, per le ragioni evidenziate nell’esaminarlo per primo, restano assorbiti.

Il giudice del rinvio provvederà sulle spese anche del giudizio di Cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso e dichiara assorbiti gli altri. Cassa l’impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese di questa fase di giudizio, ad altra Sezione della Corte di Appello di Napoli.