Corte di Cassazione – Sentenza n. 10977 del 9 giugno 2020

SENTENZA

sul ricorso 10750-2014 proposto da:

(OMISSIS);
– ricorrente –

contro

ROMA CAPITALE;
– intimata –

avverso la sentenza n. 56/2013 della COMM. TRIB. REG. di ROMA, depositata il 05/03/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 05/02/2020 dal Consigliere Dott. BALSAMO MILENA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE MATTEIS STANTSLAO che ha concluso per l’accoglimento del 10 motivo del ricorso, assorbiti i restanti.

FATTI DI CAUSA

1. (OMISSIS) proponeva ricorso alla commissione tributaria provinciale di Roma avverso n. 3 avvisi di accertamento Ici, relativi alle annualita’ 2000-20002, notificati dal Comune di Roma a seguito dell’attribuzione di rendita catastale definitiva con riferimento agli immobili siti nelle stesso Comune in via (OMISSIS).

Il ricorrente lamentava l’illegittimita’ dell’operato del Comune di Roma, eccependo che la variazione catastale non gli era stata mai notificata e che pertanto poteva esplicare efficacia solo a partire dall’1/1/2006, anno di notifica degli avvisi di accertamento in questione, con conseguente divieto di ogni applicazione retroattiva.

Si costituiva il Comune di Roma replicando che le rendite in questione erano in atti dal 12.20.1994 e dal 18.06.1997 e quindi a conoscenza del contribuente, chiedeva, pertanto, il rigetto del ricorso.

La Commissione tributaria provinciale di Roma con sentenza n. 266/54/2009 accoglieva il ricorso ritenendo che ai sensi della L. n. 342 del 2000, articolo 74, e del Decreto Legislativo n. 504 del 1992, articolo 5, comma 2, gli atti attributivi delle rendite catastali acquistano rilevanza giuridica solo dal momento in cui sono ritualmente notificati.

Avverso detta sentenza proponeva appello l’amministrazione comunale di Roma adducendo la non necessarieta’ della notifica delle rendite attribuite agli immobili oggetto di accertamento.

Il contribuente non si costituiva in appello.

La CTR, con sentenza n. 6/272013 del 21 gennaio 2013, non notificata, accoglieva l’appello e compensava le spese.

Avverso detta sentenza il contribuente propone ricorso per cassazione, affidato a tre motivi.

Il Comune di Roma non si e’ costituito nel presente giudizio di legittimita’. Il P.G. ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

CONSIDERAZIONI DI DIRITTO

2. Con il primo motivo motivo del ricorso, il contribuente denuncia la nullita’ della sentenza ex articolo 360 c.p.c., n. 4, per avere la CTR erroneamente ritenuto che la domanda di appello gli fosse stata ritualmente notificata, benche’ non si fosse costituito in giudizio.

3. Con la seconda censura, che reca violazione della L. n. 342 del 2000 ex articolo 360 c.p.c., n. 3), si lamenta l’inosservanza della citata legge, articolo 74, nonche’ della L. n. 504 del 1992, articolo 5, norma questa che stabilisce che la rendita acquista valore giuridico a partire dal 10 gennaio 2006 ossia a partire dalla notifica degli avvisi di accertamento impugnati. Argomenta il ricorrente che, a decorrere dall’1.01.2000, si ritengono efficaci gli atti attributivi delle rendite catastali solo a decorrere dalla loro notifica, mentre nella specie, il Comune di Roma aveva richiesto l’ICI per gli anni 2000-2002, di talche’ solo da questo momento il contribuente era venuto a conoscenza delle nuove rendite.

4. Con ii terzo mezzo, si lamenta l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza di appello ex articolo 360 c.p.c., n. 5), nella parte in cui si fa riferimento all’applicabilita’ di rendite catastali afferenti agli anni precedenti al 2000, senza indicare la documentazione concernente detta circostanza.

5. La prima censura e’ fondata, assorbite le altre.

Dall’esame degli atti processuali risulta che l’appello era stato indirizzato al contribuente, ma l’unica “attestazione” e’ la ricevuta di ritorno compilata con l’indicazione del destinatario e dell’indirizzo, ma priva di sottoscrizione del (OMISSIS) e dell’incaricato nonche’ della descrizione delle operazioni di consegna dell’atto.

La ricevuta priva di sottoscrizione dell’ufficiale postale e del destinatario, non soddisfa i requisiti minimi che potevano far ritenere valida la notifica dell’atto di appello.

Secondo le Sezioni Unite di questa Corte, gli elementi costitutivi imprescindibili del procedimento notificatorio vanno individuati, quanto al ricorso per cassazione: a) nell’attivita’ di trasmissione, che deve essere svolta da un soggetto qualificato, dotato, in base alla legge, della possibilita’ giuridica di compiere l’attivita’ stessa, in modo da poter ritenere esistente e individuabile il potere esercitato; b) nella fase di consegna, intesa in senso lato come raggiungimento di uno qualsiasi degli esiti positivi della notificazione previsti dall’ordinamento, in virtu’ dei quali, cioe’, la stessa debba comunque considerarsi, ex lege, eseguita: restano, pertanto, esclusi soltanto i casi in cui l’atto venga restituito puramente e semplicemente al mittente, si’ da dover reputare la notifica meramente tentata ma non compiuta, cioe’, in definitiva, omessa. La presenza di detti requisiti, che possono definirsi strutturali, va ritenuta idonea ai fini della riconoscibilita’ dell’atto come notificazione: essi, cioe’, sono sufficienti a integrare la fattispecie legale minima della notificazione, rendendo qualificabile l’attivita’ svolta come atto appartenente al tipo previsto dalla legge (Sez. U, Sentenza n. 14916 del 20/07/2016; Cass. n. 7703/2018).

L’inesistenza della notificazione del ricorso per cassazione e’ configurabile, in base ai principi di strumentalita’ delle forme degli atti processuali e del giusto processo, oltre che in caso di totale mancanza materiale dell’atto, nelle sole ipotesi in cui venga posta in essere un’attivita’ priva degli elementi costitutivi essenziali idonei a rendere riconoscibile un atto qualificabile come notificazione, ricadendo ogni altra ipotesi di difformita’ dal modello legale nella categoria della nullita’.

L’inesistenza non e’, dunque, in senso stretto, un vizio dell’atto piu’ grave della nullita’, poiche’ la dicotomia nullita’/inesistenza va, alla fine, ricondotta alla bipartizione tra l’atto e il non atto.

Ne consegue che l’istanza, non valutata dal decidente, con la quale l’appellato chiedeva alla adita Commissione regionale il differimento dell’udienza di trattazione, – domanda che dimostra che il contribuente era venuto a conoscenza dell’atto di appello solo in data 16 gennaio 2012 e, dunque tardivamente – non avrebbe dunque mai potuto, ai sensi dell’articolo 156 c.p.c., sanare l’inesistenza della notificazione dell’atto di appello, giacche’ solo le ipotesi di nullita’ dell’atto sono sanabili per raggiungimento dello scopo, a seguito della costituzione tempestiva della parte intimata (anche se compiuta al solo fine di eccepire la nullita’).

Cio’ in quanto, mancando il procedimento notificatorio degli elementi indispensabili, vale a dire la consegna dell’atto, il gravame doveva essere dichiarato inammissibile, non potendosi procedere alla rinnovazione della notificazione con effetto sanante ex tunc (Cass. n. 2142 del 25/01/2019).

Il ricorso va dunque accolto con conseguente cassazione della sentenza impugnata e declaratoria di inammissibilita’ dell’appello proposto dall’amministrazione comunale di Roma.

In considerazione dell’evoluzione del processo di merito, sussistono i presupposti per la compensazione delle spese di lite.

Le spese del giudizio di legittimita’ seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte:

– accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri; cassa la sentenza impugnata e dichiara inammissibile l’appello proposto dal Comune di Roma;

– compensa le spese del giudizio di merito;

– condanna il Comune di Roma alla refusione delle spese di lite sostenute dal ricorrente che liquida in Euro 510,00, oltre rimborso forfettario ed accessori.