Corte di Cassazione – Ordinanza n. 30948 del 27 novembre 2019

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 09513/2018 R.G. proposto da
Omissis s.p.a.
– ricorrente –
contro
ADER Agenzia delle Entrate Riscossione (C.F. 13756881002), in persona del presidente prò tempore, rappresentata e difesa dall’avvocatura generale dello Stato, elettivamente domiciliata presso i suoi uffici in Roma via dei Portoghesi 12.
– controricorrente –

avverso la sentenza n. 5543/15/2017 della Commissione Tributaria Regionale del Lazio, depositata il giorno 26 settembre 2017.

Sentita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 16 ottobre 2019 dal Consigliere Giuseppe Fichera.

FATTI DI CAUSA

Omissis s.p.a. impugnò una cartella di pagamento notificata da Equitalia Sud s.p.a. relativa ad accise per l’anno 2014, assumendo l’inesistenza della relativa notifica.

Il ricorso venne respinto integralmente in primo grado; proposto appello dalla contribuente, la Commissione Tributaria Regionale del Lazio, con sentenza depositata il 26 settembre 2017, lo respinse assumendo che la notifica della cartella era avvenuta correttamente.

Avverso la detta sentenza, Omissis s.p.a. ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi, cui resiste con controricorso ADER Agenzia delle Entrate Riscossione s.p.a., già Equitalia Sud s.p.a.
La ricorrente ha depositato memoria ex art. 380-bis.1 c.p.c.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo del ricorso Omissis s.p.a. lamenta la violazione dell’art. 26, comma secondo, del d.p.r. 29 settembre 1973, n. 602, degli artt. 14 e 16, comma 4, del d.p.r. 11 febbraio 2005, n. 68 e dell’art. 20 del d.lgs. 7 marzo 2005, n. 82 (il CAD), poiché la commissione tributaria regionale ha ritenuto valida la notifica, a mezzo posta elettronica certificata, di una cartella in origine in formato cartaceo che era stata copiata per immagini su supporto informatico.
1.2. Il motivo non ha fondamento.
Com’è noto, l’art. 26, comma secondo, del d.p.r. n. 602 del 1973 come aggiunto dall’art. 38, comma 4, lettera b), del d.l. 31 maggio 2010, n. 78, convertito con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, nel testo applicabile ratione temporis, prevede che la notifica della cartella di pagamento «può essere eseguita, con le modalità di cui al decreto del Presidente della Repubblica 11 febbraio 2005, n. 68, a mezzo posta elettronica certificata, all’indirizzo risultante dagli elenchi a tal fine previsti dalla legge. Tali elenchi sono consultabili, anche in via telematica, dagli agenti della riscossione. Non si applica l’articolo 149-bis del codice di procedura civile».
A sua volta l’art. 1, lett. f), del d.p.r. n. 68 del 2005, definisce il messaggio di posta elettronica certificata, come «un documento informatico composto dal testo del messaggio, dai dati di certificazione e dagli eventuali documenti informatici allegati».
La lett. i-ter), dell’art. 1 del CAD – inserita dall’art. 1, comma 1, lett. c), del d.Lgs. 30 dicembre 2010, n. 235 -, poi, definisce «copia per immagine su supporto informatico di documento analogico» come «il documento informatico avente contenuto e forma identici a quelli del documento analogico», mentre la lett. lett. \-quinquies), dell’art. 1 del medesimo CAD – inserita dall’art. 1, comma 1, lett. c), del d.Lgs. 30 dicembre 2010, n. 235 -, nel definire il «duplicato informatico» parla di «documento informatico ottenuto mediante la memorizzazione, sullo stesso dispositivo o su dispositivi diversi, della medesima sequenza di valori binari del documento originario».
1.2. Dunque, alla luce della disciplina surriferita, la notifica della cartella di pagamento può avvenire, indifferentemente, sia allegando al messaggio PEC un documento informatico, che sia duplicato informatico dell’atto originario (il c.d. “atto nativo digitale”), sia mediante una copia per immagini su supporto informatico di documento in originale cartaceo (la c.d. “copia informatica”), come è avvenuto pacificamente nel caso a mano, dove il concessionario della riscossione ha provveduto a inserire nel messaggio di posta elettronica certificata un documento informatico in formato PDF (portable document format) – cioè il noto formato di file usato per creare e trasmettere documenti, attraverso un software comunemente diffuso tra gli utenti telematici -, realizzato in precedenza mediante la copia per immagini di una cartella di pagamento composta in origine su carta.
Va esclusa, allora, la denunciata illegittimità della notifica della cartella di pagamento eseguita a mezzo posta elettronica certificata, per la decisiva ragione che era nella sicura facoltà del notificante allegare, al messaggio trasmesso alla contribuente via PEC, un documento informatico realizzato in forma di copia per immagini di un documento in origine analogico.
1.3. Inammissibile, poi, perché formulata per la prima volta nel processo con la memoria ex art. 380-bis.l c.p.c., si palesa la doglianza concernente l’omessa sottoscrizione, con firma digitale o firma elettronica qualificata, della cartella di pagamento allegata al messaggio di PEC.
1.4. La censura peraltro risulta manifestamente infondata, per l’assorbente ragioni che nessuna norma di legge impone che la copia su supporto informatico della cartella di pagamento in origine cartacea, notificata dall’agente della riscossione tramite PEC, venga poi sottoscritta con firma digitale.
1.5. Può soggiungersi, per completezza, che ai sensi dell’art. 22, comma 3 del CAD – come modificato dall’art. 66, comma 1, del d.lgs. 13 dicembre 2017, n. 217 – «Le copie per immagine su supporto informatico di documenti originali formati in origine su supporto analogico nel rispetto delle Linee guida hanno la stessa efficacia probatoria degli originali da cui sono tratte se la loro conformità all’originale non è espressamente disconosciuta». E nella vicenda che ci occupa, giammai, la ricorrente nel corso del processo ha disconosciuto espressamente la conformità della copia informatica della cartella di pagamento, allegata alla PEC ricevuta, all’originale cartaceo in possesso dell’amministrazione.

2. Con il secondo motivo eccepisce la violazione degli artt. 156, comma terzo, e 160 c.p.c., avendo ritenuto il giudice di merito comunque sanata, per raggiungimento dello scopo, una notifica che era invece inesistente.
2.1. Il motivo, che resterebbe inammissibile avuto riguardo al rigetto del primo motivo, è comunque manifestamente infondato.
Le Sezioni Unite di questa Corte hanno già affermato in tema che l’irritualità della notificazione di un atto a mezzo di posta elettronica certificata non ne comporta la nullità se la consegna in via telematica del’atto ha comunque prodotto il risultato della sua conoscenza e determinato così il raggiungimento dello scopo legale (Cass. S.U. 28/09/2018, n. 23620; Cass. S.U. 18/04/2016, n. 7665).
E proprio con riferimento alla notifica di una cartella di pagamento, si è chiarito che la natura sostanziale e non processuale dell’atto non osta all’applicazione di istituti appartenenti al diritto processuale, soprattutto quando vi sia un espresso richiamo di questi nella disciplina tributaria; sicché il rinvio operato dall’art. 26, comma 5, del d.p.r. n. 602 del 1973, all’art. 60 del d.p.r. n. 600 del 1973, il quale, a sua volta, rinvia alle norme sulle notificazioni nel processo civile, comporta, in caso di irritualità della notificazione della cartella di pagamento, l’applicazione dell’istituto della sanatoria del vizio dell’atto per raggiungimento dello scopo ai sensi dell’art. 156 c.p.c. (Cass. 05/03/2019, n. 6417).

3. Le spese seguono la soccombenza; sussistono i presupposti per l’applicazione nei confronti della ricorrente dell’art. 13, comma 1- quater, del d.p.r. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012.

P.Q.M.

Respinge il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali in favore della controricorrente, liquidate in complessivi euro 10.000,00, oltre alle spese generali al 15% e agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.p.r. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13, ove dovuto.