Corte di Cassazione – Ordinanza n. 17373 del 19 agosto 2020

ORDINANZA

Sul ricorso iscritto al n. 03493/2013 R.G. proposto da

(OMISSIS) s.p.a.
– ricorrente –

contro

(OMISSIS) (C.F. (OMISSIS)).
– controricorrente –

e contro

Agenzia delle Entrate (C.F. (OMISSIS)), in persona del direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocatura generale dello Stato, elettivamente domiciliata presso i suoi uffici in Roma via dei Portoghesi 12.
– resistente –

Avverso la sentenza n. 50/08/2012 della Commissione Tributaria Regionale della Puglia, depositata il giorno 15 giugno 2012.

Sentita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 27 febbraio 2020 dal Consigliere Giuseppe Fichera.

FATTI DI CAUSA

(OMISSIS) impugno’ l’avviso di intimazione e la presupposta cartella di pagamento, notificato da (OMISSIS) s.p.a., per IRPEF, IRAP ed IVA, anno d’imposta 2001.

L’impugnazione venne respinta in primo grado; proposto appello da (OMISSIS), la Commissione Tributaria Regionale della Puglia, con sentenza resa il giorno 15 giugno 2012, lo accolse.

Avverso la detta sentenza, (OMISSIS) s.p.a., gia’ (OMISSIS) s.p.a., ha proposto ricorso per cassazione affidato a cinque mezzi, cui ha risposto con controricorso (OMISSIS), mentre l’Agenzia delle Entrate ha depositato atto di costituzione in giudizio.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo del ricorso (OMISSIS) s.p.a. eccepisce la violazione del Decreto Legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, articoli 24 e 57, poiche’ la commissione tributaria regionale erroneamente non ha dichiarato l’inammissibilita’ del motivo di appello avanzato dal (OMISSIS), in ordine ai vizi dell’avviso di ricevimento della notifica della cartella impugnata.

2. Con il secondo motivo lamenta la nullita’ della sentenza per violazione dell’articolo 112 c.p.c., atteso che il giudice di appello, invece di dichiarare l’inammissibilita’ dei motivi di gravame, ha pronunciato sulle doglianze dell’appellante proposte tardivamente.

2.1. I due motivi, bisognosi di esame congiunto, sono entrambi infondati.

E’ noto che nel processo tributario, caratterizzato dall’introduzione della domanda nella forma dell’impugnazione dell’atto fiscale, l’indagine sul rapporto sostanziale e’ limitata ai motivi di contestazione dei presupposti di fatto e di diritto della pretesa dell’Amministrazione, che il contribuente deve specificamente dedurre nel ricorso introduttivo di primo grado (Cass. 13/04/2017, n. 9637; Cass. 02/07/2014, n. 15051; Cass. 15/10/2013, n. 23326).

Ne consegue che il giudice deve attenersi all’esame dei vizi di invalidita’ dedotti in ricorso, il cui ambito puo’ essere modificato solo con la presentazione di motivi aggiunti, ammissibile, Decreto Legislativo n. 546 del 1992, ex articolo 24, esclusivamente in caso di “deposito di documenti non conosciuti ad opera delle altre parti o per ordine della commissione”.

Ed e’ altrettanto pacifico che, nel giudizio tributario, il divieto di proporre nuove eccezioni in sede di gravame, previsto al Decreto Legislativo n. 546 del 1992, articolo 57, comma 2, concerne tutte le eccezioni in senso stretto, consistenti nei vizi d’invalidita’ dell’atto tributario o nei fatti modificativi, estintivi o impeditivi della pretesa fiscale (Cass. 29/12/2017, n. 31224).

2.2. Nella peculiare vicenda all’esame della Corte, tuttavia, dalla lettura degli atti processuali risulta che il concessionario della riscossione deposito’ la propria memoria di costituzione in giudizio, con i relativi documenti, compresa la relata di notifica della cartella impugnata, addirittura successivamente all’udienza di discussione Decreto Legislativo n. 546 del 1992, ex articolo 34, quando la causa era stata gia’ posta in decisione dal collegio in camera di consiglio.

Dunque, e’ all’evidenza come il contribuente non venne posto in condizione di formulare motivi aggiunti avverso gli atti impugnati, per l’assorbente considerazione che il concessionario della riscossione deposito’ gli atti rilevanti, ben oltre i termini fissati per la sua costituzione in giudizio e financo per la produzione – entro venti giorni prima dell’udienza di discussione – di nuovi documenti Decreto Legislativo n. 546 del 1992, ex articolo 32, comma 1.

Ne discende che il primo atto difensivo con il quale il contribuente venne posto in condizione di proporre motivi aggiunti avverso l’atto impositivo impugnato, concernenti i vizi della notifica della cartella impugnata, deve individuarsi esattamente nel ricorso in appello innanzi alla commissione tributaria regionale, restando esclusa la lamentata inammissibilita’ dei motivi articolati nel detto atto.

3. Con il terzo motivo deduce violazione del Decreto Legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, articoli 19 e 21, atteso che il giudice di merito non ha dichiarato l’inammissibilita’ del ricorso introduttivo, poiche’ formulato oltre il termine di decadenza fissato dalla legge per l’impugnazione degli atti impositivi.

3.1. Il motivo e’ manifestamente infondato, atteso che una volta accertato il vizio – sia esso di inesistenza o di nullita’ – della notifica della cartella impugnata, e’ all’evidenza come non possa decorrere alcun termine decadenziale, avendo il contribuente il diritto di impugnare, ai sensi del Decreto Legislativo n. 546 del 1992 cit., articolo 19, comma 3, l’atto non notificato unitamente al successivo atto effettivamente notificato.

4. Con il quarto motivo si duole del vizio di motivazione, ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5), in cui e’ incorso il giudice d’appello, avendo omesso di motivare in ordine alle ragioni che inducevano a ritenere viziato l’avviso di ricevimento relativo alla notifica della cartella impugnata.

5. Con il quinto mezzo lamenta la violazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973, articolo 26, avendo la commissione tributaria regionale ritenuto inesistente la notifica della cartella impugnata, sol perche’ nell’avviso di ricevimento non era stato identificata la persona che si era ricevuto l’atto e il medesimo atto risultava altresi’ privo della sottoscrizione dell’agente postale.

5.1. I due motivi, connessi per il comune oggetto, sono entrambi infondati.

In tema di notificazione per mezzo del servizio postale, questa Corte ha gia’ affermato che l’avviso di ricevimento, prescritto dall’articolo 149 c.p.c., e’ il solo documento idoneo a provare sia la consegna, sia la data di questa, sia l’identita’ della persona a mani della quale la consegna e’ stata eseguita. Consegue che la mancanza di sottoscrizione dell’agente postale sull’avviso di ricevimento del piego raccomandato rende inesistente e non soltanto nulla la notificazione, rappresentando la sottoscrizione l’unico elemento valido a riferire la paternita’ dell’atto all’agente postale (Cass. 08/11/2013, n. 25138; Cass. 21/05/1992, n. 6146).

In direzione contraria non vale richiamare l’orientamento delle Sezioni Unite di questa Corte, a tenore del quale l’inesistenza della notificazione del ricorso per cassazione e’ configurabile, in base ai principi di strumentalita’ delle forme degli atti processuali e del giusto processo, oltre che in caso di totale mancanza materiale dell’atto, nelle sole ipotesi in cui venga posta in essere un’attivita’ priva degli elementi costitutivi essenziali idonei a rendere riconoscibile un atto qualificabile come notificazione, ricadendo ogni altra ipotesi di difformita’ dal modello legale nella categoria della nullita’. Tali elementi consistono: a) nell’attivita’ di trasmissione, svolta da un soggetto qualificato, dotato, in base alla legge, della possibilita’ giuridica di compiere detta attivita’, in modo da poter ritenere esistente e individuabile il potere esercitato; b) nella fase di consegna, intesa in senso lato come raggiungimento di uno qualsiasi degli esiti positivi della notificazione previsti dall’ordinamento, restando, pertanto, esclusi soltanto i casi in cui l’atto venga restituito puramente e semplicemente al mittente, cosi’ da dover reputare la notificazione meramente tentata ma non compiuta, cioe’, in definitiva, omessa (Cass. S.U. 20/07/2016, n. 14916).

Nella vicenda in discussione, infatti, avendo il giudice di merito accertato che l’avviso di ricevimento non risultava sottoscritto dall’agente postale, non resta consentito attribuire la paternita’ dell’atto ad un “soggetto qualificato” e, quindi, a ricondurre il vizio della cartella nell’alveo della mera nullita’.

In ogni caso, pure a ritenere che la notifica in esame fosse nulla e non invece inesistente, come sostenuto dal giudice di merito, va evidenziato che siffatta invalidita’ non potrebbe giammai ritenersi sanata per raggiungimento dello scopo, ex articolo 156 c.p.c., essendo incontroverso che la cartella non venne impugnata dal contribuente nei termini di rito e, quindi, non potendosi comunque affermare che il plico pervenne effettivamente nella sfera di conoscenza del destinatario.

6. Le spese del giudizio seguono la soccombenza tra la ricorrente e il controricorrente, mentre nulla va statuito per l’Agenzia delle Entrate, la quale non ha depositato controricorso. Sussistono i presupposti per l’applicazione nei confronti della ricorrente del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, considerato che la notifica del ricorso si e’ perfezionata solo in data 31 gennaio 2013 (Cass. 10 luglio 2015, n. 14515).

P.Q.M.

Respinge il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese sostenute dal controricorrente, che liquida in Euro 4.000,00 per compensi, oltre alle spese generali al 15% ed agli accessori di legge. Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, ove dovuto.