Corte di Cassazione – Ordinanza n. 14280 del 4 giugno 2018

ORDINANZA

sul ricorso 334/2017 proposto da:

(OMISSIS);

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE (C.F. 06363391001), in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3382/14/2016 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE di ROMA, depositata il 30/05/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 12/04/2018 dal Consigliere Dott. ROBERTO GIOVANNI CONTI.

FATTI E RAGIONI DELLA DECISIONE

La CTR del Lazio, con la sentenza indica in epigrafe, accogliendo l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate avverso la sentenza di primo grado che aveva annullato l’avviso di riscossione relativo a Irpef e IVA per l’anno 2008 notificato a (OMISSIS), ha ritenuto legittimamente effettuata la notifica dell’atto propedeutico presso il domicilio fiscale dichiarato, non potendo avere rilievo alcuno i dati risultanti dalla dichiarazione riguardante l’inizio di attivita’, variazione dati e cessazione attivita’ ai fini IVA.

Il (OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo, al quale ha resistito l’Agenzia delle entrate con controricorso.

Il procedimento puo’ essere definito con motivazione semplificata.

Con la censura proposta il ricorrente deduce la violazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, articolo 60, e Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, articolo 35. La CTR avrebbe errato nel non considerare la variazione del domicilio indicata nella dichiarazione IVA comunicata all’Ufficio fiscale, disattendendo i principi espressi da questa Corte.

La censura e’ manifestamente fondata.

Occorre rammentare che questa Corte ha avuto modo di chiarire che a norma del Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, articolo 58, le persone fisiche residenti nel territorio dello Stato hanno il domicilio fiscale nel Comune nella cui anagrafe sono iscritte ed inoltre che “in tutti gli atti, contratti, denunzie e dichiarazioni che vengono presentati agli uffici finanziari deve essere indicato il Comune di domicilio fiscale delle parti, con la precisazione dell’indirizzo, mentre il Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 cit., articolo 60, prevede che “e’ in facolta’ del contribuente di eleggere domicilio presso una persona o un ufficio nel Comune del proprio domicilio fiscale per la notificazione degli atti o degli avvisi che lo riguardano” e che “in tal caso l’elezione di domicilio deve risultare espressamente dalla dichiarazione annuale ovvero da altro atto comunicato successivamente al competente ufficio imposte a mezzo di lettera raccomandata con avviso di ricevimento”, ma non precisa particolari requisiti formali per tale elezione di domicilio. In questa prospettiva questa Corte ha ritenuto che se il contribuente ha indicato proprio nella dichiarazione annuale espressamente il proprio indirizzo situato nel Comune di domicilio fiscale, tale indicazione non puo’ che equivalere ad elezione di domicilio nel suddetto indirizzo – cfr. Cass. n. 23024/2015 -.

Va poi rammentato che il Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, articolo 35, prescrive che dalla dichiarazione di inizio attivita’, ai fini del rilascio della partita iva, deve risultare, tra l’altro, per le persone fisiche il domicilio fiscale e che la variazione del domicilio fiscale indicato dal contribuente comunicata nella dichiarazione annuale dei redditi, costituisce atto idoneo a rendere noto all’Amministrazione il nuovo domicilio anche ai fini delle notificazioni – cfr. Cass. n. 5358/2006 e Cass. n. 11170/2013 -.

Peraltro, si e’ aggiunto che, in caso di difformita’ tra la residenza anagrafica e quella indicata nella dichiarazione dei redditi, e’ valida la notificazione dell’avviso perfezionatasi presso quest’ultimo indirizzo, atteso che l’indicazione del Comune di domicilio fiscale e dell’indirizzo, da parte del contribuente, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, articolo 58, comma 4, va effettuata in buona fede e nel rispetto del principio di affidamento, essendo appena il caso di evidenziare che il principio sopra riportato non puo’ ovviamente essere letto “a senso unico”(cfr. Cass. n. 25680/2016, Cass. n. 15258/2015, Cass. n. 26715/2013).

Si tratta di principi gia’ in precedenza affermati da questa Corte, allorche’ si e’ ritenuto che l’esercizio della facolta’, da parte del contribuente – ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, articolo 60, comma 1, lettera d) – di eleggere domicilio presso una persona o un ufficio nel comune del proprio domicilio fiscale, ai fini della notificazione degli atti e degli avvisi che lo riguardano, determina, in capo alla Amministrazione finanziaria, l’obbligo di procedere alle conseguenti notifiche presso quel domicilio; ne consegue che e’ invalida la notifica, nella specie dell’atto impositivo presupposto, eseguita ex articolo 140 cod. proc. civ. in luogo diverso dal domicilio eletto – cfr. Cass. n. 6113/2011 -.

Alla stregua di tali principi, non puo’ revocarsi in dubbio che la variazione di domicilio eseguita ai fini della dichiarazione di inizio attivita’ IVA nell’anno 2007, per stessa ammissione dell’Agenzia – cfr. pag. 5 ricorso per cassazione, ove si riporta in stralcio parte dell’impugnazione in appello proposta dall’Ufficio – doveva costituire elemento di valutazione ai fini dell’elezione di domicilio rispetto alla notifica dell’avviso di accertamento del 12 luglio 2012 che costituiva l’atto prodromico rispetto all’iscrizione a ruolo impugnata dalla contribuente.

La CTR ha pertanto errato nell’escludere ogni valenza agli elementi risultanti dalla dichiarazione IVA riguardante l’inizio di attivita’ e variazione dati.

Sulla base di tali considerazioni, sicuramente idonee a superare le argomentazioni difensive esposte dall’Agenzia controricorrente, il ricorso va accolto e la sentenza impugnata va cassata, con rinvio ad altra sezione della CTR Lazio anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimita’.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della CTR Lazio anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimita’.