Corte di Cassazione – Ordinanza n. 14209 del 24 maggio 2019

ORDINANZA

sul ricorso 23436-2012 proposto da:

(OMISSIS) SPA;
– ricorrente –

contro

(OMISSIS) SPA;
– controricorrente –

avverso la sentenza n. 25/2012 della COMM. TRIB. REG. di MILANO, depositata il 02/03/2012;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 16/04/2019 dal Consigliere Dott. STALLA GIACOMO MARIA.

RILEVATO CHE

1. (OMISSIS) spa propone tre motivi di ricorso per la cassazione della sentenza n. 25/3/12 del 2 marzo 2012, con la quale la commissione tributaria regionale della Lombardia, in riforma della prima decisione, ha annullato vari avvisi di intimazione di pagamento, su ruoli e cartelle per imposte ed accessori, notificati alla (OMISSIS) spa (gia’ (OMISSIS) spa).

La commissione tributaria regionale, in particolare, ha rilevato che: – i primi giudici avevano ritenuto inammissibile il ricorso proposto dalla societa’ contribuente, in quanto da quest’ultima notificato, nonostante la presenza di motivi di opposizione concernenti anche il merito della pretesa impositiva, soltanto nei confronti dell’agente per la riscossione e non anche in quelli dell’ente impositore; – trattandosi di ipotesi ex articolo 102 c.p.c. ed ai sensi del Decreto Legislativo n. 546 del 1992, articolo 14, effettivamente si doveva instaurare in primo grado il litisconsorzio necessario nei confronti dell’ente impositore, ma tale incombente gravava non sul contribuente, bensi’ sulla stessa esattoria, parte interessata; – in difetto di tale integrazione, sussistevano i presupposti per l’annullamento degli atti impugnati.

Resiste con controricorso la (OMISSIS) spa.

La ricorrente ha depositato memoria.

2.1 Con i tre motivi di ricorso, suscettibili di trattazione unitaria per la loro intima connessione, (OMISSIS) lamenta: – (primo motivo) nullita’ della sentenza per violazione dell’articolo 112 c.p.c.; per non avere la CTR deciso alcunche’ ne’ sulla sua eccezione di carenza della propria legittimazione passiva in ordine alle questioni del merito tributario (di spettanza dell’agenzia delle entrate di Milano), ne’ sulla sua istanza subordinata di rimessione della causa al primo giudice, per l’integrazione del contraddittorio, ai sensi del Decreto Legislativo n. 546 del 1992, ex articolo 59, lettera b); – (secondo motivo) omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione in ordine al fatto controverso e decisivo costituito dalla (eccepita) carenza di legittimazione passiva dell’agente per la riscossione, nonche’ dalla volonta’ di (OMISSIS) di suscitare l’integrazione del contraddittorio nei confronti dell’ente impositore mediante rimessione al primo giudice ex articolo 59 cit., ovvero chiamata in causa ai sensi del Decreto Legislativo n. 119 del 1992, ex articolo 39; – (terzo motivo) violazione o falsa applicazione del Decreto Legislativo n. 546 del 1992 cit., articolo 59, dal momento che, una volta reputata la natura necessaria del litisconsorzio, la CTR avrebbe dovuto disporne l’integrazione fin dal primo grado di giudizio, ovvero autorizzare la chiamata in causa dell’ente impositore ex articolo 39 cit. (istanza che (OMISSIS) aveva formulato fin dalla originaria costituzione), ma non annullare gli avvisi di intimazione.

2.2 E’ fondato – nella parte in cui si lamenta l’erroneo annullamento degli atti opposti – il terzo motivo di ricorso, con assorbimento delle restanti censure.

Ha osservato la Commissione Tributaria Regionale che il ricorso della societa’ contribuente riguardava non solo l’esattoria che aveva notificato gli avvisi di pagamento, ma anche l’ufficio impositore che aveva predisposto il ruolo; in conseguenza di cio’, la mancata proposizione dell’opposizione anche nei confronti di quest’ultimo concretava causa invalidante del procedimento, posto che “era necessario che in primo grado si formasse il litisconsorzio, chiamando in causa sia l’esattoria che l’ufficio”; la mancata integrazione dei contraddittorio nei confronti di quest’ultimo doveva imputarsi (da qui l’intervenuto annullamento consequenziale degli avvisi di pagamento) alla stessa Esattoria, in quanto parte interessata ai sensi del Decreto Legislativo n. 546 del 1992, ex articolo 14.

Orbene, tale ratio decidendi deve ritenersi effettivamente in contrasto con la legge; sia nella parte in cui ravvisa nella fattispecie un’ipotesi di litisconsorzio necessario, sia nella parte in cui fa discendere dalla mancata integrazione del contraddittorio, ad onere della esattoria, l’annullamento degli avvisi di pagamento opposti.

Non vi sono, infatti, ragioni per discostarsi’ dall’ormai consolidato indirizzo interpretativo di legittimita’ (gia’ definito da Cass. n. SSUU 16412/07) secondo il quale il contribuente che impugni una cartella esattoriale emessa dal concessionario della riscossione per motivi che attengono alla mancata notificazione ovvero anche alla invalidita’ degli atti impositivi presupposti, puo’ agire indifferentemente nei confronti tanto dell’ente impositore quanto del concessionario; senza che sia tra i due soggetti configurabile alcun litisconsorzio necessario. Resta peraltro fermo, in presenza di contestazioni involgenti il merito della pretesa impositiva, l’onere per l’agente per la riscossione di chiamare in giudizio l’ente impositore, ai sensi del Decreto Legislativo n. 112 del 1999, ex articolo 39, cosi’ da andare indenne dalle eventuali conseguenze negative della lite (Cass. ord. 1532/12; ord. 21220/12; 9762/14; ord. 10528/17; 10019/18 ed altre).

La insussistenza di un litisconsorzio necessario esclude che il giudice sia tenuto a disporre d’ufficio l’integrazione del contraddittorio; essendo tale integrazione nella disponibilita’ dell’agente per la riscossione che in tal senso si attivi, con il proprio atto di costituzione in giudizio, entro il termine decadenziale di sessanta giorni dalla notifica del ricorso (Cass., sez. trib., n. 24563/07; 16119/07 ed altre).

Si tratta, del resto, di conclusione conforme al disposto dell’articolo 39 cit., secondo cui: “Chiamata in causa dell’ente creditore. Il concessionario, nelle liti promosse contro di lui che non riguardano esclusivamente la regolarita’ o la validita’ degli atti esecutivi, deve chiamare in causa l’ente creditore interessato; in mancanza, risponde delle conseguenze della lite”. Da tale disposizione, infatti, si’ evince che la mancata chiamata in causa dell’ente impositore da parte del concessionario non comporta l’invalidita’ del procedimento per mancata integrazione del litisconsorzio e conseguente violazione del contraddittorio, ne’ l’inopponibilita’ della sentenza nei confronti dell’ente impositore pretermesso, quanto l’effetto (sostanziale, non processuale) costituito dalla responsabilita’ del concessionario per le eventuali conseguenze negative della lite sulla sorte del credito (rese possibili, in pregiudizio dell’ente impositore, proprio in forza della efficacia ed opponibilita’ della sentenza nei suoi riguardi).

In applicazione di questi principi, la Commissione Tributaria Regionale avrebbe dunque dovuto riformare la prima decisione e decidere nel merito i motivi del ricorso di primo grado che la societa’ contribuente aveva riproposto in appello, dopo aver censurato la parimenti erronea statuizione di inammissibilita’ resa dalla Commissione Tributaria Provinciale.

Ne segue la cassazione della sentenza impugnata ed il rinvio alla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia la quale, in diversa composizione, procedera’ a tale decisione; provvedendo anche sulle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte:

accoglie il terzo motivo di ricorso, assorbiti gli altri;

cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese, alla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia in diversa composizione.