Corte dei Conti, Sez. d’Appello per la Sicilia – Sentenza n. 126/2017 del 26 ottobre 2017

SENTENZA

nel giudizio di appello in materia di responsabilità iscritto al n. 5774/R del registro di segreteria promosso ad istanza di Ri. Si. s.p.a., in persona del suo legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Palermo, via (…), presso lo studio dell’avvocato Ma. Es., che la rappresenta e difende, nei confronti della Procura regionale della Corte dei conti per la Regione siciliana, per la riforma della sentenza n. 833/2016 emessa dalla Sezione giurisdizionale per la Regione siciliana in data 20 luglio 2016, depositata il 21 novembre 2016.

Visti tutti gli atti e documenti di causa;

uditi, alla pubblica udienza del 19 settembre 2017, il relatore, consigliere Tommaso Brancato, l’avvocato Ma. Es., rappresentante e difensore dell’appellante, nonché il Pubblico Ministero, nella persona del Vice Procuratore Generale Pino Zingale.

Ritenuto in

FATTO

Con atto di citazione del 3 novembre 2015, la locale Procura regionale conveniva in giudizio Ri. Si. s.p.a., già Se. Si. s.p.a., quale soggetto incaricato del servizio di riscossione dei tributi, per sentirla condannare al pagamento, a favore della Regione siciliana, di euro 8.211,11, oltre rivalutazione monetaria e interessi legali, a titolo di risarcimento del danno derivante dalla condotta asseritamente negligente, tenuta dalla stessa società per aver notificato una cartella esattoriale oltre il termine di decadenza fissato dall’art. 25, comma 1, del D.P.R. n. 602 del 1973, come modificato dall’art. 1 della legge n. 156 del 2005, circostanza questa che aveva determinato la perdita del credito erariale per effetto della sentenza n. 548 del 20 ottobre 2008 della Commissione tributaria di Messina.

La Sezione giurisdizionale della Corte dei conti per la Regione siciliana, con sentenza n. 833/2016 del 20 luglio 2016, accoglieva integralmente la domanda del PM e condannava Ri. Si. s.p.a. al risarcimento del danno contestato, oltre rivalutazione monetaria e interessi legali.

Avverso tale sentenza ha proposto appello la società Ri. Si., eccependo, preliminarmente, il difetto di giurisdizione del Giudice contabile e, in via subordinata, l’improcedibilità dell’azione in pendenza del termine per l’avvio della procedura prevista dagli artt. 19 e 20 del decreto legislativo n. 112 del 1999, come modificati dall’art. 1, commi 682 e 683, della legge n. 190 del 2014.

Nel merito, la parte appellante ha lamentato l’omesso esame delle

argomentazioni formulate, in sede di giudizio di primo grado, in merito al fatto che la cartella notificata il 11 luglio 2007 traeva origine dai così detti “ruoli per avvisi bonari”, per i quali la Direzione dell’Agenzia delle entrate aveva ritenuto di modificare la tempistica della procedura di cartellazione.

Nella fattispecie, l’appellante sosteneva che, dopo la scadenza del termine fissato nell’avviso bonario (31/01/2007), la cartella era stata elaborata, a seguito di richiesta n. 426/2007 della medesima Agenzia delle entrate del 7 giugno 2007, con conseguente obbligo della notifica decorrente da tale data.

Faceva, quindi, presente di aver tempestivamente eseguito tale adempimento il successivo 11 luglio 2007, così come documentato in sede di giudizio di primo grado.

La parte appellante ha dedotto, inoltre, l’erronea valutazione, da parte del primo Giudice, dell’elemento soggettivo della responsabilità amministrativa.

Sul punto, la difesa ha escluso qualsiasi profilo di colpa grave, rilevando che, una volta ricevuta l’autorizzazione dell’Agenzia delle entrate n. 426 del 7 giugno 2007 ad emettere la cartella, la società Se. Si. s.p.a. all’epoca concessionaria del servizio di riscossione, aveva provveduto all’immediata stampa dell’atto e alla notifica il successivo11 luglio 2007, dopo appena 34 giorni.

In via subordinata, l’appellante ha chiesto la riduzione dell’addebito, nella misura prevista in esito al procedimento di cui all’art. 20 del decreto legislativo n. 112 del 1999.

In data 24 agosto 2017 la Procura Generale depositava le proprie conclusioni, controdeducendo in ordine a tutti i motivi esposti nell’appello di controparte.

Il PM ha sostenuto l’infondatezza delle argomentazioni attinenti l’asserito difetto di giurisdizione del Giudice contabile, nonché quelle concernenti l’eccepita improcedibilità della citazione nel giudizio in assenza della preventiva esecuzione della procedura di cui agli artt. n. 19 e 20 del decreto legislativo n. 112 del 1999, come modificato dall’art. 1, commi 682 e 683 della legge n. 190 del 2014.

Ad avviso della Procura, le norme richiamate da controparte disciplinavano la procedura amministrativa in materia di istanze di “discarico”, attinente esclusivamente i rapporti tra Amministrazione e società concessionaria.

La contestazione di responsabilità per danno erariale, invece, prescindeva dal provvedimento di discarico o di diniego adottato dall’Amministrazione finanziaria.

L’asserita diversità del giudizio di responsabilità erariale, rispetto al procedimento amministrativo, ad avviso del PM, determinava l’irrilevanza della possibilità di accedere alla definizione agevolata ai sensi dell’art. 20, comma 4, del d.lgs. n. 112/1999.

Per il resto, il PM chiedeva il rigetto dell’appello, condividendo le argomentazioni dei primi Giudici in ordine al ritardo gravemente colposo nella notifica della cartella, imputabile al Concessionario del servizio di riscossione.

Al riguardo, la Procura ha sostenuto che la perdita del credito erariale si era maturata, in epoca anteriore all’avvio della procedura di definizione agevolata e all’emissione dell’avviso bonario, per effetto del ritardo della notifica della cartella eseguita oltre il termine perentorio di cui all’art. 25 del D.P.R. n. 602 del 1973, trattandosi di ruolo reso esecutivo il 20 dicembre 2000 e consegnato al Concessionario il 10 maggio 2001.

Ha chiesto, infine, il rigetto della richiesta di riduzione dell’addebito.

Alla pubblica udienza del 19 settembre 2017, la difesa della società Ri. Si. e il PM hanno illustrato i contenuti degli atti scritti, confermando le rispettive domande.

DIRITTO

Preliminarmente, il Collegio deve esaminare, nell’ordine con cui sino state formulate, l’eccezione di difetto di giurisdizione e quella d’inammissibilità e/o improponibilità dell’azione del PM, in quanto asseritamente proposta senza il preventivo procedimento amministrativo previsto dagli articoli 19 e 20 del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112, così come modificati e novellati dall’articolo 1, comma 683, della legge 23 dicembre 2014, n. 190.

In particolare, l’appellante ha sostenuto la carenza di giurisdizione del Giudice contabile, considerato che la legge n. 190 del 2014 avrebbe previsto un particolare meccanismo di definizione agevolata per tutte le ipotesi di contestazione, da parte dell’Amministrazione finanziaria, della perdita del diritto al discarico per inesigibilità, compresa la “mancata notificazione della cartella imputabile al concessionario, prima del decorso del nono mese successivo alla consegna del ruolo”.

Pertanto, nella fattispecie l’azione di responsabilità avviata dalla Procura, ad avviso della società appellante, aveva come oggetto il medesimo rapporto e gli stessi fatti che l’Agenzia delle entrate avrebbe dovuto valutare al momento della presentazione della richiesta di rimborso o della domanda di discarico in sede amministrativa.

Il difetto di giurisdizione, quindi, avrebbe dovuto affermarsi, dal momento che il termine per l’avvio del procedimento amministrativo di discarico (artt. 19 e 20 del decreto legislativo n. 119 del 1999, come modificato dall’art. 1, commi 683 e 684 della legge n. 190 del 2014), non risultava ancora scaduto.

Il Collegio giudicante ritiene infondate entrambe le eccezioni di difetto di giurisdizione e di improcedibilità.

Al riguardo, rileva che l’azione di responsabilità è stata legittimamente promossa -in maniera autonoma e indipendente dal procedimento d’inesigibilità previsto dagli artt. 19 e 20 del d.lsg. n. 112/1999 e successive modifiche- dal PM, che, nei fatti segnalati dall’Agenzia delle entrate di Messina con la nota n. 2013/57880 del 13 maggio 2013, ha ravvisato l’esistenza del danno erariale, certo e attuale, causato dalla condotta asseritamene negligente dell’Agente della riscossione.

È appena il caso di rilevare che le menzionate disposizioni del d.gs. n. 112 del 1999 regolano il rapporto che intercorre tra l’Ente impositore e il soggetto affidatario del servizio di riscossione delle entrate erariali.

In particolare, le norme sopra menzionate disciplinano il procedimento nei casi di richiesta di accertamento dell’inesigibilità di crediti iscritti nei ruoli e quello eventualmente successivo, avviato ad istanza di parte innanzi alla giurisdizione contabile nelle ipotesi di diniego del discarico richiesto con la procedura amministrativa.

La giurisprudenza contabile ha più volte affermato che la procedura

amministrativa, prevista dagli artt. 19 e 20 del d.lgs. n. 112 del 1999, non può incidere sul sistema normativo che disciplina il giudizio di responsabilità contabile, la cui iniziativa spetta, in maniera esclusiva e obbligatoria, al Procuratore regionale della Corte dei conti, il quale rimane pienamente autonomo nelle valutazioni a tutela degli interessi dell’erario (ex plurimis: Sezione I centrale di appello n. 241/2008, Sezione giurisdizionale di appello Regione siciliana n. 159/2011 e n. 40/2016).

Dalla affermata diversità e autonomia del giudizio di responsabilità amministrativa consegue l’assoluta irrilevanza, in questa sede, anche della possibilità di definizione agevolata prevista dall’art. 20, n. 4, del d.lgs. n. 112/1999, nel caso di rinunzia dell’Agente della riscossione alla facoltà di proporre ricorso alla Corte dei conti avverso il provvedimento dell’Amministrazione finanziaria di diniego del discarico delle somme iscritte a ruolo e non riscosse.

Questa facoltà, attribuita all’Agente della riscossione dalle disposizioni di legge più volte richiamate, può essere esercitata esclusivamente nel procedimento amministrativo di discarico, restando in ogni caso preclusa tale possibilità in quello risarcitorio avviato ad istanza del PM.

Con il secondo motivo di gravame, la difesa ha dedotto l’erronea valutazione da parte del Giudice di prime cura delle argomentazioni rappresentate dalla società Ri. Si. s.p.a.; in particolare, la Sezione giurisdizionale di primo grado avrebbe omesso di tener conto delle circostanze di fatto, dedotte e documentate, in relazione alla specifica natura del ruolo “per avvisi bonari”, alla cui emissione (risalente, nella fattispecie, all’anno 2001) non aveva fatto seguito la cartellazione, demandata a un momento successivo e sempre su impulso dell’ente impositore.

Al riguardo, il Collegio giudicante rileva che, come già evidenziato dal primo Giudice, l’operato dell’Agente della riscossione deve essere valutato, nel caso in esame, in relazione al parametro fissato dall’art. 25 del DPR. n. 602 del 1972, nel testo vigente “ratione temporis”, all’epoca della consegna del ruolo al concessionario, avvenuta il 10 maggio 2001.

La menzionata disposizione assegnava al Concessionario, come termine per la notifica del ruolo e della cartella di pagamento, “l’ultimo giorno del quarto mese successivo a quello della consegna del ruolo” e, di conseguenza, la società affidataria del servizio di riscossione doveva attenersi alla tempistica fissata dalla normativa all’epoca vigente.

Sul punto, il primo Giudice ha correttamente individuato nel giorno della consegna del ruolo (10 maggio 2001) il “dies a quo” per valutare il ritardo della notifica della cartella di pagamento, avvenuta solo in data 11 luglio 2007, a distanza di oltre 6 anni.

Al riguardo, si condivide quanto affermato dalla Sezione giurisdizionale di primo grado in ordine all’irrilevanza, in questa sede, delle successive versioni del testo dell’art. 25 del DPR n. 602 del 1973 e, in particolare, delle modifiche introdotte dall’art. 1, comma 1, lettera b, del decreto legislativo 27 aprile 2001, n. 193, che ha disposto la cancellazione del termine per la notifica, poi reintrodotto, dall’art. 1, comma 417, lettera c, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, e dall’art. 1, comma 5 ter, lettera a), n. 2 del decreto legge 17 giugno 2005, n. 106, convertito dalla legge 31 luglio 2005, n. 156, con la specifica menzione di decadenza del diritto alla riscossione nei casi di notifica delle cartella oltre i termini fissati.

A prescindere dalle considerazioni prospettate dall’appellante in ordine alla perentorietà o meno del predetto termine di notifica delle cartelle relativamente al periodo temporale anteriore all’entrata in vigore del decreto legge n. 106 del 2005, va rilevato, comunque, che -per ragioni di certezza e di trasparenza a tutela della posizione soggettiva del contribuente debitore, così come unanimemente riconosciuto dalla giurisprudenza- l’art. 25 del DPR n. 602 del 1973, nel testo vigente al momento della consegna del ruolo in questione, poneva al Concessionario del servizio di riscossione un preciso e specifico obbligo, nei confronti dell’ente titolare del credito, di provvedere alla notifica delle cartelle tempestivamente entro “l’ultimo giorno del quarto mese successivo a quello della consegna del ruolo” .

Di conseguenza, il ritardo nella notifica della cartella eseguita, nel caso in esame, dalla società concessionaria del servizio dopo oltre sei anni dalla consegna del ruolo, deve considerarsi come evento che ha determinato il danno erariale a seguito della dichiarazione, da parte della Commissione tributaria di Messina, di prescrizione del diritto alla riscossione dei tributi iscritti a ruolo.

La società Ri. Si. s.p.a. ha lamentato, in sede di appello, l’omessa valutazione da parte del Giudice di prime cure della particolare natura del ruolo, connesso ai così detti “avvisi bonari”, sostenendo che la cartellazione, nel caso di specie, sarebbe avvenuta in un momento successivo alla consegna del ruolo (avvenuta nell’anno 2001), su impulso dell’Agenzia delle entrate, che avrebbe elaborato la relativa richiesta di emissione della cartella il 7 giugno 2007 per il tramite del Consorzio Nazionale dei Concessionari.

La censura non è fondata.

Infatti, la Sezione giurisdizionale di primo grado ha ampiamente motivato sul punto, evidenziando che la valutazione della tempistica della notifica doveva essere effettuata in relazione a quanto stabilito dalle disposizioni dell’art. 25 del DPR. n. 602 del 973, vigente alla data del 10 maggio 2001, di consegna del ruolo, così come già evidenziato.

Al riguardo, si osserva che le norme, che hanno introdotto il procedimento per “avviso bonario”, come strumento al fine di consentire eventuale accesso dei contribuenti al beneficio della definizione agevolata dei carichi iscritti a ruolo, sono contenute negli artt. 9 e 12 della legge n. 289 del 2002, approvata ed entrata in vigore in epoca successiva alla consegna del ruolo in questione.

La notifica della cartella, nel termine di cui all’allora vigente art. 25 del DPR n. 602 del 1973, avrebbe interrotto i termini di decadenza, lasciando impregiudicato il credito erariale e avrebbe evitato la dichiarazione di prescrizione del diritto a riscuotere il carico iscritto a ruolo.

In ogni caso, a prescindere dalla procedura per la definizione del condono, nella fattispecie irrilevante per la valutazione dei fatti di causa, una volta ricevuta la consegna del carico da riscuotere era onere del Concessionario -in ossequio ai normali canoni di diligenza- adottare i necessari atti esecutivi della procedura di riscossione delle entrate erariali, in ottemperanza agli obblighi del contratto di servizio e a tutela delle ragioni del creditore.

La violazione del termine per effettuare la notifica della cartella, per le

considerazioni esposte, integra l’ipotesi della colpa grave, costituendo l’obbligo in questione la prima e fondamentale operazione della procedura di riscossione delle entrate pubbliche mediante ruoli.

Infine, quanto alla richiesta di applicazione del potere riduttivo, il Collegio giudicante rileva che, nella fattispecie, non ricorrono elementi di natura oggettiva, non sussistendo alcuna corresponsabilità nella determinazione del danno a carico di soggetti diversi da Ri. Si. s.p.a., o di natura soggettiva, che possano giustificare l’esercizio di tale facoltà del Giudice contabile.

L’appello, in conclusione, va integralmente rigettato.

Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e si liquidano, in favore dello Stato, come in dispositivo.

PQM

La Corte dei conti- Sezione d’Appello per la Regione siciliana, definitivamente pronunciando,

RIGETTA

l’appello e, per l’effetto, conferma integralmente la sentenza n. 833/2016 della Sezione giurisdizionale della Corte dei conti per la Regione siciliana.

Condanna l’appellante al pagamento, in favore dello Stato, delle spese del presente giudizio che, a cura della Segreteria, si liquidano in complessivi euro 159,38 (centocinquantanove/38).

Così deciso, in Palermo, nella camera di consiglio del 19 settembre 2017.