Corte Costituzionale – Sentenza n. 132 del 26 giugno 2018

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 44, comma 3, del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104 (Attuazione dell’articolo 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69, recante delega al governo per il riordino del processo amministrativo), promosso dal Tribunale amministrativo regionale per il Veneto nel procedimento vertente tra Brussi Costruzioni srl, in proprio e quale mandataria del costituendo raggruppamento temporaneo d’imprese con MAEG Costruzioni spa, ANAS spa e Carena − Impresa di Costruzioni spa, in proprio e quale mandataria del costituendo raggruppamento temporaneo d’imprese con la Giugliano Costruzioni Metalliche srl, con ordinanza del 18 novembre 2016, iscritta al n. 39 del registro ordinanze 2017 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 12, prima serie speciale, dell’anno 2017.

Visti gli atti di costituzione della Brussi Costruzioni srl, in proprio e nella qualità spiegata, della Carena − Impresa di Costruzioni spa, in proprio e nella qualità spiegata, nonché l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella udienza pubblica del 22 maggio 2018 il Giudice relatore Giancarlo Coraggio;

uditi l’avvocato Alfredo Biagini per la Brussi Costruzioni srl e l’avvocato dello stato Fabrizio Fedeli per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1.− Il Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, sezione seconda, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 24, 76, 111, 113 e 117, primo comma, della Costituzione − quest’ultimo in relazione all’art. 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848 −, questione di legittimità costituzionale dell’art. 44, comma 3, del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104 (Attuazione dell’articolo 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69, recante delega al governo per il riordino del processo amministrativo), limitatamente alla locuzione «salvi i diritti acquisiti anteriormente alla comparizione».

1.1.− Il rimettente espone in punto di fatto che:

− il raggruppamento temporaneo d’imprese (RTI) Brussi costruzioni srl − MAEG Costruzioni spa ha impugnato l’aggiudicazione della gara per l’affidamento dell’appalto relativo ai lavori di restauro, consolidamento e adeguamento dimensionale del Ponte della Priula lungo la strada statale 13 Pontebbana, lamentando la violazione degli artt. 87 e 88 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 (Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE), in relazione al giudizio di non anomalia dell’offerta dell’aggiudicatario RTI Carena − Impresa di Costruzioni spa e Giugliano Costruzioni Metalliche srl, l’irragionevolezza e l’ingiustizia manifesta di tale giudizio e il travisamento degli atti di gara;

− nel processo a quo si sono costituite sia l’ANAS spa sia l’aggiudicataria controinteressata, la quale ha eccepito la nullità della notificazione del ricorso alla stazione appaltante, in quanto non effettuata presso la sede legale di Roma ma presso quella periferica del compartimento della viabilità per il Veneto e presso l’Avvocatura distrettuale dello Stato, nonostante l’ANAS non benefici del patrocinio obbligatorio dell’Avvocatura; la controinteressata ha altresì eccepito che − ai sensi dell’art. 44, comma 3, d.lgs. n. 104 del 2010 (d’ora in avanti: cod. proc. amm.), secondo cui la costituzione dell’intimato sana la nullità della notificazione del ricorso, ma restano «salvi i diritti acquisiti anteriormente alla comparizione» − la sanatoria determinatasi per effetto della costituzione in giudizio dell’ANAS opera ex nunc, con conseguente inammissibilità del ricorso, essendo la detta costituzione successiva alla scadenza del termine per l’impugnazione del provvedimento;

− la controinteressata ha anche proposto ricorso incidentale, lamentando che la ricorrente avrebbe dovuto essere esclusa dalla gara ai sensi dell’art. 38, comma 1, lettere c) ed e), d.lgs. n. 163 del 2006, perché priva del requisito della moralità professionale, per aver commesso gravi infrazioni in materia di sicurezza sul lavoro, per non aver fornito giustificazioni in ordine ai costi interni della sicurezza e per diversi elementi di incongruità dell’offerta.

1.2.− Quanto alla rilevanza della questione, il TAR Veneto osserva che − pacifica anche tra le parti la nullità della notificazione all’ANAS effettuata nelle forme menzionate − il ricorso, ai sensi dell’art. 44, comma 3, cod. proc. amm., dovrebbe essere dichiarato inammissibile, perché la costituzione dell’amministrazione è avvenuta dopo la scadenza del termine per l’impugnazione.

In caso di accoglimento della questione, invece, dovrebbe ritenersi che la costituzione in giudizio dell’ANAS abbia sanato la nullità della notificazione, con conseguente necessità di esaminare il ricorso nel merito.

Secondo il rimettente, poi, non sarebbe possibile una lettura costituzionalmente orientata della disposizione censurata, perché la sua sostanziale identità rispetto all’art. 17, terzo comma, del regio decreto 17 agosto 1907, n. 642 (Regolamento per la procedura dinanzi alle sezioni giurisdizionali del Consiglio di Stato), che regolava la contigua fattispecie della nullità del ricorso introduttivo, rende logico attribuire alla prima il significato da sempre attribuito al secondo, né si rinverrebbe in giurisprudenza o in dottrina una valida interpretazione alternativa.

Tale non potrebbe essere considerata quella fatta propria da alcune pronunce, anche del Consiglio di Stato, secondo cui la costituzione in giudizio dell’amministrazione intimata sana la nullità della notificazione con effetto ex tunc, anziché ex nunc, poiché esse si limiterebbero, tralaticiamente, a citare l’effetto sanante previsto dall’art. 156, terzo comma, del codice di procedura civile, ritenuto applicabile alle notificazioni del ricorso prima dell’entrata in vigore del codice del processo amministrativo, senza prendere in considerazione la disposizione sopravvenuta da esso recata.

1.3.− In punto di non manifesta infondatezza il rimettente ritiene, in primo luogo, che la norma censurata violi l’art. 76 Cost.

Ricorda il TAR Veneto che l’art. 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69 (Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività nonché in materia di processo civile), al comma 1, prevede che «[i]l Governo è delegato ad adottare, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi per il riassetto del processo avanti ai tribunali amministrativi regionali e al Consiglio di Stato, al fine di adeguare le norme vigenti alla giurisprudenza della Corte costituzionale e delle giurisdizioni superiori, di coordinarle con le norme del codice di procedura civile in quanto espressione di princìpi generali e di assicurare la concentrazione delle tutele», e, al comma 2, indica, tra i princìpi ed i criteri direttivi da seguire, quello di assicurare «l’effettività della tutela».

La innovativa previsione della sanatoria con effetti ex nunc, in difformità rispetto alla situazione precedente al codice del processo amministrativo e alle regole proprie del codice di procedura civile, non potrebbe essere qualificata in alcun modo come un coerente sviluppo o un completamento delle scelte espresse dal legislatore delegante.

1.4.− Il TAR Veneto osserva, poi, che secondo la consolidata giurisprudenza della Corte costituzionale nella disciplina degli istituti processuali vige il principio della discrezionalità ed insindacabilità delle scelte operate dal legislatore, con il limite della non manifesta irragionevolezza.

Il censurato art. 44, comma 3, rispetto al quale la relazione di accompagnamento al codice tace, sarebbe manifestamente irragionevole, come si ricaverebbe anche dalla sentenza n. 97 del 1967, con cui questa Corte ha dichiarato l’illegittimità dell’art. 11, terzo comma, del regio decreto 30 ottobre 1933, n. 1611 (Approvazione del testo unico delle leggi e delle norme giuridiche sulla rappresentanza e difesa in giudizio dello Stato e sull’ordinamento dell’Avvocatura dello Stato), proprio nella parte in cui escludeva la sanatoria della nullità della notificazione nonostante la costituzione in giudizio dell’amministrazione statale a mezzo dell’Avvocatura dello Stato.

Le considerazioni di quella sentenza ben si attaglierebbero anche alla fattispecie in esame, in ragione della natura generale del principio del raggiungimento dello scopo, che, nel caso della notificazione, è quello di provocare la conoscenza di un atto da parte del destinatario o meglio la certezza legale che esso sia entrato nella sua sfera di conoscibilità.

1.5.− Secondo il rimettente, la norma censurata darebbe luogo anche a un’ingiustificata lesione del diritto di difesa sancito dall’art. 24 Cost. e del principio di effettività della tutela di cui agli artt. 111 e 117, primo comma, Cost., quest’ultimo in relazione al parametro interposto dell’art. 6 CEDU, il quale, secondo la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, implicherebbe che eventuali limitazioni all’accesso ad un giudice siano ammissibili solo in presenza di un rapporto di proporzionalità tra mezzi impiegati e fine perseguito.

Norme processuali che attribuiscano rilievo a meri formalismi, che limitino eccessivamente il diritto d’azione, compromettendone l’essenza, dovrebbero essere considerate contrarie a Costituzione, qualora non siano giustificate da effettive garanzie difensive o da concorrenti e prevalenti interessi di altra natura.

Non sarebbe condivisibile l’affermazione secondo cui con la norma censurata il legislatore avrebbe inteso tutelare l’interesse pubblico al consolidamento degli effetti dei provvedimenti amministrativi, dato che a ciò sarebbe preordinata la diversa previsione di un termine di decadenza per l’impugnazione.

La tutela delle situazioni giuridiche soggettive, ed in particolare dell’interesse legittimo assicurata dagli artt. 24 e 113 Cost., implicherebbe, poi, la necessità di favorire la pronuncia sul merito, che è lo scopo ultimo del processo, e di sfavorire esiti processuali diversi da una decisione piena sulla situazione giuridica controversa.

La sanatoria ex nunc, in un processo come quello amministrativo caratterizzato da brevi termini di decadenza, di fatto non sarebbe idonea a sanare alcunché, con grave nocumento al diritto di difesa della parte ricorrente, privata del diritto d’azione per un errore che ha un valore solo formale, una volta che la parte intimata si sia spontaneamente costituita in giudizio.

La sanatoria ex nunc pregiudicherebbe anche i diritti di difesa dell’amministrazione resistente, la quale, ove avesse interesse ad una decisione di merito che accerti la legittimità del proprio operato, di fatto non sarebbe nelle condizioni di poter sanare il vizio della notificazione.

Per fare ciò, infatti, essa dovrebbe costituirsi entro il breve termine previsto per la proposizione del ricorso, il che − prosegue il TAR Veneto − è un’eventualità al di fuori della sua sfera di controllo e remota, dato che, secondo l’id quod plerumque accidit, il ricorrente, per l’esigenza di disporre del maggior tempo possibile per apprestare le proprie difese, è portato a notificare il ricorso a ridosso della scadenza del termine.

1.6.− Il rimettente aggiunge che la disposizione censurata si pone in contrasto con il principio desumibile dall’art. 6 CEDU, come interpretato dalla Corte di Strasburgo.

La disposizione in parola, infatti, finirebbe per porre un ostacolo procedurale che preclude definitivamente alla parte la possibilità di far valere la propria posizione dinanzi ad un giudice e costituirebbe una sostanziale negazione del diritto invocato in giudizio, in assenza di un giusto equilibrio tra gli interessi pubblici e privati in gioco.

2.− Con atto depositato nella cancelleria di questa Corte l’11 aprile 2017, è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, eccependo l’inammissibilità e la non fondatezza della questione di legittimità costituzionale sollevata dal rimettente.

2.1.− Secondo l’interveniente, il TAR Veneto si sarebbe limitato alla ricostruzione del quadro normativo previgente alla disposizione censurata, senza tenere conto delle novità introdotte dal codice del processo amministrativo, dal che discenderebbe la irrilevanza della questione sollevata.

2.2.− La questione sarebbe poi inammissibile per l’omesso esperimento del tentativo di interpretazione costituzionalmente orientata.

2.3.− Nel merito, il Presidente del Consiglio dei ministri sostiene che non vi sia la dedotta violazione dell’art. 76 Cost., perché il legislatore delegato avrebbe conferito rilievo alla peculiare struttura del giudizio amministrativo, caratterizzato da brevi termini perentori per la sua introduzione, per come già messo in risalto da questa Corte con la sentenza n. 18 del 2014.

2.4.− Secondo l’Avvocatura generale dello Stato, la dedotta violazione degli altri parametri sarebbe affermata dal rimettente in maniera apodittica, né avrebbe valore il richiamo alla sentenza di questa Corte n. 97 del 1967, perché essa riguarderebbe esclusivamente i processi civile e penale.

Andrebbe per contro ricordato come, secondo la giurisprudenza costituzionale, la conformazione degli istituti processuali rientri nella discrezionalità del legislatore, con il limite della non manifesta irragionevolezza.

Lo stesso varrebbe in riferimento all’art. 24 Cost., poiché il principio della tutela giurisdizionale dei diritti non implicherebbe che il legislatore non possa disciplinare in maniera differente i diversi processi, anche in questo caso con il limite della non manifesta irragionevolezza.

Nel caso di specie, tale limite non sarebbe stato oltrepassato, essendosi piuttosto conferito rilievo alla peculiare struttura del giudizio amministrativo.

3.− Con memoria depositata nella cancelleria di questa Corte l’11 aprile 2017 si è costituita la Brussi Costruzioni srl, in proprio e quale capogruppo mandataria del RTI con MAEG Costruzioni spa, ricorrente principale nel giudizio a quo, aderendo alle prospettazioni del tribunale rimettente ed instando per la dichiarazione di illegittimità costituzionale della norma censurata.

Dopo avere riassunto il contenuto dell’ordinanza di rimessione, la parte privata osserva come lo scopo della notificazione di un atto introduttivo di un procedimento giudiziario sia la vocatio in ius del destinatario.

Muovendo da tale premessa, non potrebbe dubitarsi che, nell’eventualità in cui la notifica sia affetta da nullità, ma la parte si costituisca accettando il contraddittorio, il vizio in questione assuma una connotazione «meramente formalistica rispetto ai princìpi posti a presidio del corretto svolgimento dei procedimenti giudiziari, ovvero alla piena instaurazione del contraddittorio e alla garanzia del diritto di difesa delle parti».

Il contrasto della norma censurata con i criteri direttivi della legge delega non potrebbe giustificarsi nemmeno in ragione degli elementi di specialità del processo amministrativo, perché comprometterebbe significativamente il diritto di azione del ricorrente, senza rispondere all’esigenza di tutelare altrui garanzie di natura difensiva o interessi concorrenti di diversa natura.

La sanatoria ex nunc violerebbe anche il diritto di difesa dell’amministrazione, la quale, ove fosse interessata ad una pronuncia di merito, non sarebbe nella condizione di poterla ottenere, perché, per sanare la nullità, dovrebbe costituirsi nel breve termine per la proposizione del ricorso.

4.− Con memoria depositata nella cancelleria di questa Corte il 12 aprile 2017, si è costituita la Carena − Impresa di costruzioni spa, in proprio ed in qualità di mandataria del costituendo RTI con la Giugliano Costruzioni Metalliche srl, controinteressata e ricorrente incidentale nel giudizio a quo, chiedendo di dichiarare la non fondatezza della questione di legittimità costituzionale sollevata dal TAR Veneto.

Osserva la parte privata che le censure del rimettente muovono dalla premessa che la sanatoria della notificazione con effetti ex tunc prevista dagli artt. 156 e 160 cod. proc. civ. sia espressione di un principio generale riferibile anche al processo amministrativo.

Tale assunto, tuttavia, sarebbe erroneo.

Come chiarito da questa Corte, con la sentenza n. 18 del 2014, le differenze strutturali tra processo amministrativo e processo civile giustificherebbero ed anzi renderebbero doveroso il differente trattamento normativo dell’efficacia sanante dei vizi della notificazione del ricorso.

In particolare, nel processo amministrativo varrebbe il principio per cui, ai fini della regolare instaurazione del rapporto processuale, il ricorso deve, entro il prescritto termine di decadenza, essere ritualmente notificato all’amministrazione resistente e ad almeno un controinteressato (ove esistente).

5.− Con memorie depositate il 27 ed il 30 aprile 2018 le parti private hanno ribadito le argomentazioni già illustrate nelle rispettive memorie di costituzione.

Considerato in diritto

1.− Il Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, sezione seconda, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 24, 76, 111, 113 e 117, primo comma, della Costituzione − quest’ultimo in relazione all’art. 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848 −, questione di legittimità costituzionale dell’art. 44, comma 3, del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104 (Attuazione dell’articolo 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69, recante delega al governo per il riordino del processo amministrativo), nella parte in cui, nel prevedere che la costituzione degli intimati sana la nullità della notificazione del ricorso, fa «salvi i diritti acquisiti anteriormente alla comparizione».

2.− Il rimettente muove dal duplice presupposto interpretativo che la norma censurata preveda una sanatoria con effetti ex nunc e che tra i diritti quesiti vada ricompreso anche quello a fare valere l’inoppugnabilità del provvedimento amministrativo per decorso del termine decadenziale di impugnazione.

La disposizione censurata violerebbe, in primo luogo, l’art. 76 Cost., perché la sanatoria con effetti ex nunc, anziché ex tunc, non potrebbe essere qualificata come un coerente sviluppo o un completamento delle scelte espresse dal legislatore delegante, tra i cui criteri direttivi figuravano quelli di adeguare le norme vigenti alla giurisprudenza della Corte costituzionale e delle giurisdizioni superiori, di coordinarle con quelle del codice di procedura civile, in quanto espressione di princìpi generali, e di assicurare l’effettività della tutela (art. 44, commi 1 e 2, della legge 18 giugno 2009, n. 69, recante «Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività nonché in materia di processo civile»).

Secondo il TAR Veneto, poi, la disposizione censurata violerebbe anche gli artt. 3, 24, 111, 113 e 117, primo comma, Cost., quest’ultimo in relazione al parametro interposto dell’art. 6 CEDU, che tutela il diritto all’accesso a un tribunale.

La previsione della sanatoria ex nunc, infatti, non avrebbe nel processo amministrativo alcuna concreta funzione sanante, attesi i ristretti tempi che caratterizzano le scansioni della fase introduttiva del giudizio e, in particolare, il breve termine di decadenza per la proposizione dell’azione impugnatoria, e comprometterebbe il diritto d’azione della parte ricorrente, senza che ciò sia giustificato «da effettive garanzie difensive o da concorrenti e prevalenti interessi di altra natura».

La norma, poi, si porrebbe in contrasto con l’obiettivo di favorire la pronuncia sul merito, scopo ultimo del processo, e pregiudicherebbe anche il diritto di difesa dell’amministrazione resistente che avesse, in ipotesi, interesse ad ottenerla.

3.− In via preliminare deve essere dichiarata la inammissibilità della costituzione del raggruppamento temporaneo di imprese (RTI) Carena − Impresa di Costruzioni spa e Giugliano Costruzioni Metalliche srl.

La costituzione, infatti, è intervenuta in data 12 aprile 2017, oltre il termine perentorio stabilito dall’art. 3 delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale, ossia venti giorni dalla pubblicazione dell’ordinanza nella Gazzetta Ufficiale (tra le molte, sentenze n. 6 del 2018, n. 102 del 2016, n. 220 e n. 128 del 2014; ordinanza allegata alla sentenza n. 173 del 2016), avvenuta, nel caso di specie, il 22 marzo 2017.

4.− Il Presidente del Consiglio dei ministri ha eccepito l’inammissibilità della questione per difetto di rilevanza, essendosi il rimettente limitato alla ricostruzione del quadro normativo previgente alla disposizione censurata senza tenere conto delle novità introdotte dal codice del processo amministrativo, e perché avrebbe omesso di esperire il tentativo di interpretazione costituzionalmente orientata.

4.1.− La seconda eccezione non è fondata, perché il rimettente ha espressamente escluso di poter praticare una lettura costituzionalmente orientata della disposizione censurata.

In un primo passaggio della motivazione, infatti, il TAR Veneto ritiene che gli effetti ex nunc della sanatoria, con la conseguente inammissibilità del ricorso se la costituzione dell’intimato avviene dopo il termine per la sua proposizione, siano imposti dall’inequivoco tenore letterale della norma e dall’orientamento del Consiglio di Stato assurto a «diritto vivente».

In un secondo passaggio il rimettente dà più correttamente atto della presenza di un altro orientamento giurisprudenziale, anche dello stesso Consiglio di Stato, secondo cui la costituzione dell’intimato sana la nullità della notificazione con effetto ex tunc, con conseguente ammissibilità, in ogni caso, del ricorso introduttivo.

Il TAR Veneto ritiene, però, di non potere accedere a tale ultima interpretazione per due ordini di ragioni: 1) perché la norma censurata è sostanzialmente identica a quella recata dall’abrogato art. 17, terzo comma, del regio decreto 17 agosto 1907, n. 642 (Regolamento per la procedura dinanzi alle sezioni giurisdizionali del Consiglio di Stato), riferita alla contigua fattispecie della nullità del ricorso introduttivo, sicché appare logico attribuire alla prima il significato da sempre attribuito al secondo; 2) perché l’orientamento giurisprudenziale che sostiene gli effetti ex tunc si limiterebbe, tralaticiamente, a citare la pregressa giurisprudenza sull’effetto sanante previsto dall’art. 156, terzo comma, del codice di procedura civile, ritenuto applicabile al processo amministrativo in assenza di diversa disposizione regolatrice della materia, senza prendere in considerazione la sopravvenuta disposizione del codice del processo amministrativo.

Il rimettente, quindi, si è prospettato la via dell’interpretazione adeguatrice, ma l’ha esclusa sulla base di una motivazione articolata e congrua, sicché, se l’ermeneusi prescelta sia da considerare la sola persuasiva, è profilo che esula dall’ammissibilità e attiene, per contro, al merito della questione di legittimità costituzionale (sentenze n. 83 e 42 del 2017, n. 240, n. 95 e n. 45 del 2016, n. 262 del 2015).

4.2.− Anche la prima eccezione, secondo cui il rimettente si sarebbe limitato alla ricostruzione del quadro normativo previgente, non è fondata, poiché il TAR Veneto ha in realtà esaminato la disciplina attuale oggetto di censura oltre che quella previgente, mettendole correttamente in comparazione a fini interpretativi.

La rilevanza è del resto evidente, perché – pacifica la nullità delle notificazioni del ricorso effettuate all’ANAS presso la sede compartimentale (e non presso la sede legale) e presso l’Avvocatura dello Stato, nonostante l’ANAS non si avvalga del suo patrocinio obbligatorio – l’accoglimento della questione comporterebbe nel giudizio a quo la tempestività del ricorso e la necessità di esaminarlo nel merito, mentre il rigetto ne determinerebbe l’irricevibilità (o inammissibilità).

5.− Prima di passare all’esame del merito, è opportuno chiarire che la disposizione censurata, in quanto rivolta a regolare le sorti della nullità della notificazione del ricorso, riguarda tutte le azioni proponibili davanti al giudice amministrativo e non solo il primo grado di giudizio.

È indubitabile, tuttavia, che la censura del rimettente è particolarmente calibrata sull’atto introduttivo dell’ordinario giudizio impugnatorio, che, come è noto, deve, a pena di decadenza, essere notificato all’amministrazione e ad almeno uno dei controinteressati (ove esistenti) nel termine di sessanta giorni dalla conoscenza del provvedimento lesivo (artt. 29 e 41 cod. proc. amm.). A loro volta i soggetti intimati possono costituirsi nel termine di sessanta giorni (trenta nelle ipotesi previste dall’art. 119 cod. proc. amm.) decorrenti dal perfezionamento nei loro confronti della notifica del ricorso e nello stesso termine di sessanta giorni possono proporre ricorso incidentale (rispettivamente, artt. 46 e 42 cod. proc. amm.).

Va poi ricordato che il ricorso introduttivo viene di norma notificato a ridosso della scadenza del termine per la sua proposizione, per l’ovvia ragione che ciò consente di apprestare una più approfondita difesa tecnica, con la conseguenza che l’ipotesi che l’amministrazione e il controinteressato si costituiscano entro la scadenza di quel termine è di difficile verificazione.

Essa, poi, diviene quasi scolastica, ove si consideri, da un lato, che anche l’amministrazione e il controinteressato hanno l’esigenza di apprestare al meglio le proprie difese, sicché anche essi sono portati a costituirsi a ridosso della successiva scadenza del termine loro assegnato; e, dall’altro, che, quand’anche vi fosse la possibilità concreta per l’intimato di costituirsi entro il termine previsto per la proposizione dell’impugnazione, proprio la disposizione censurata, nel prevedere che la costituzione oltre tale termine non sana la decadenza dall’azione, produrrebbe l’effetto di spingere l’intimato ad aspettare il suo decorso prima di costituirsi in giudizio.

Il meccanismo denunziato come distorsivo dal rimettente non può dunque considerarsi un mero inconveniente di fatto, in quanto tale non censurabile con una questione di legittimità costituzionale, perché deriva dalla stessa struttura normativa del giudizio amministrativo impugnatorio (sentenze n. 178 del 2017, n. 44 del 2016, n. 162 del 2014; ordinanza n. 66 del 2014).

6.− L’esame del merito della questione richiede, in primo luogo, la verifica della praticabilità di valide alternative ermeneutiche che consentano di interpretare la disposizione impugnata in modo conforme a Costituzione (tra le più recenti, sentenze n. 255, n. 254 e n. 69 del 2017).

L’esegesi patrocinata dal rimettente è avallata dalla dottrina maggioritaria − che al contempo critica la norma − e da un consistente filone giurisprudenziale, secondo cui, «sulla scorta dell’art. 44, comma 3, c.p.a., la costituzione dell’intimato è sì idonea a sanare la nullità medesima, ma, a differenza che nel processo civile, con efficacia ex nunc, ossia con salvezza delle eventuali decadenze già maturate in danno del notificante prima della costituzione in giudizio del destinatario della notifica, ivi compresa la scadenza del termine di impugnazione» (Consiglio di Stato, sezione terza, 18 maggio 2016, n. 2064; nello stesso senso, Consiglio di Stato, sezione terza, 20 gennaio 2016, n. 189; Consiglio di Stato, sezione quarta, 13 ottobre 2014, n. 5046; Consiglio di Stato, sezione seconda, 29 agosto 2012, n. 4651).

Questa interpretazione si fonda sul rilievo che la disposizione censurata ripete in maniera pressoché identica la formulazione dell’art. 17, terzo comma, r.d. n. 642 del 1907, riferita alla nullità del ricorso (oggi regolata dall’art. 44, comma, 1, cod. proc. amm.) e da sempre interpretata dalla giurisprudenza amministrativa come preclusiva della sanatoria, anche della decadenza dall’azione, in caso di costituzione dell’intimato dopo la scadenza del termine di impugnazione.

Non è un caso, del resto, che, sia pure in un non vicino passato, una parte della giurisprudenza amministrativa era dell’opinione che il citato art. 17, terzo comma, disciplinasse anche l’ipotesi della nullità della notificazione del ricorso.

Tale posizione fu tuttavia sconfessata dall’adunanza plenaria del Consiglio di Stato, che, con la sentenza 16 dicembre 1980, n. 52, nel confermare le conclusioni già raggiunte con la sentenza 15 gennaio 1960, n. 1, escluse l’applicabilità alla nullità della notificazione del ricorso della sanatoria ex nunc prevista dall’art. 17, terzo comma, e affermò per contro, l’operatività, in assenza di deroghe espressamente previste dal legislatore, del «principio fondamentale» del raggiungimento dello scopo codificato dall’art. 156 cod. proc. civ. (applicabile alle notificazioni ai sensi dell’art. 160 cod. proc. civ.).

Questi approdi sono rimasti immutati nella successiva giurisprudenza del Consiglio di Stato e dei TAR sino all’entrata in vigore del codice del processo amministrativo.

D’altra parte, come osserva il rimettente, il contrario filone giurisprudenziale − secondo cui la costituzione dell’intimato sana la nullità della notificazione con effetto ex tunc in virtù del principio generale del raggiungimento dello scopo, con conseguente ammissibilità del ricorso anche ove la costituzione dell’intimato avvenga dopo la scadenza del termine per l’impugnazione (Consiglio di Stato, sezione terza, 1° febbraio 2017, n. 440; Consiglio di Stato, sezione terza, 15 dicembre 2016, n. 5307; Consiglio di Stato, sezione terza, 10 agosto 2016, n. 3565; Consiglio di Stato, sezione quinta, 25 gennaio 2016, n. 229) − si limita a ribadire tralaticiamente i princìpi espressi dall’unanime giurisprudenza amministrativa antecedente all’entrata in vigore del codice del processo, senza una effettiva esegesi della disposizione sopravvenuta, anche alla luce della ricordata vicenda interpretativa che ha caratterizzato il precedente storico dell’art. 17, terzo comma, r.d. n. 642 del 1907.

Le considerazioni svolte chiariscono perché neanche può condividersi l’interpretazione, rimasta isolata in giurisprudenza (Consiglio di Stato, sezione sesta, sentenza 27 giugno 2014, n. 3260), secondo cui la disposizione censurata si riferisce solo ai diritti sostanziali, con esclusione di quelli processuali e, quindi, della decadenza dall’impugnazione del provvedimento amministrativo.

7.− La questione è fondata in riferimento al parametro di cui all’art. 76 Cost.

7.1.− Questa Corte ha più volte chiarito che l’art. 44 della legge n. 69 del 2009 contiene una delega per il riordino normativo del processo amministrativo che, in quanto tale, concede al legislatore delegato un limitato margine di discrezionalità per l’introduzione di soluzioni innovative, le quali devono comunque attenersi strettamente ai princìpi e ai criteri direttivi enunciati dal legislatore delegante (ex multis, sentenze n. 94, n. 73 e n. 5 del 2014, n. 162 e n. 80 del 2012, n. 293 e n. 230 del 2010).

Per quanto qui rileva, in particolare, l’art. 44, comma 1, prevede che «[i]l Governo è delegato ad adottare, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi per il riassetto del processo avanti ai tribunali amministrativi regionali e al Consiglio di Stato, al fine di adeguare le norme vigenti alla giurisprudenza della Corte costituzionale e delle giurisdizioni superiori», e «di coordinarle con le norme del codice di procedura civile in quanto espressione di princìpi generali».

7.2.− La disposizione censurata viola entrambi i citati criteri direttivi fissati dal legislatore delegante.

Essa, in primo luogo, è in aperto contrasto con l’art. 156, terzo comma, cod. proc. civ., che, come si è già detto, prevede la sanatoria ex tunc della nullità degli atti processuali per raggiungimento dello scopo, principio, questo, indubbiamente di carattere generale; in secondo luogo, non è in linea con la giurisprudenza della Corte di cassazione formatasi con riferimento alla notificazione degli atti processuali civili e con la stessa giurisprudenza del Consiglio di Stato, antecedente all’entrata in vigore del codice, relativa proprio alla nullità della notificazione del ricorso.

Va aggiunto, infine, che essa non è neanche in linea con la giurisprudenza di questa Corte.

La sentenza n. 97 del 1967 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale, per violazione dell’art. 3 Cost., dell’art. 11, terzo comma, del regio decreto 30 ottobre 1933, n. 1611 (Approvazione del testo unico delle leggi e delle norme giuridiche sulla rappresentanza e difesa in giudizio dello Stato e sull’ordinamento dell’Avvocatura dello Stato), nei limiti in cui escludeva la sanatoria, con effetti ex tunc, della nullità della notificazione degli atti introduttivi (di tutti i giudizi), nonostante la costituzione in giudizio dell’amministrazione statale a mezzo dell’Avvocatura dello Stato. In quell’occasione si affermò, infatti, che la sanatoria per raggiungimento dello scopo e la sua applicabilità alla notificazione degli atti introduttivi sono «princìpi introdotti nel sistema degli atti processuali attraverso ampia elaborazione che ha posto in evidenza la funzione dell’atto ai fini dello svolgimento e giusta definizione del processo», e cioè sono princìpi generali immanenti alla ratio degli atti processuali.

Né può essere condivisa la tesi del Presidente del Consiglio dei ministri, secondo cui argomenti a sostegno della legittimità costituzionale della norma si ricaverebbero dalla sentenza n. 18 del 2014, con cui questa Corte ha ritenuto non fondata la questione, sollevata in riferimento all’art. 76 Cost., dell’art. 44, comma 4, cod. proc. amm., ai sensi del quale, in caso di nullità della notifica del ricorso, il giudice, se l’intimato non si costituisce, ne dispone la rinnovazione soltanto in caso di esito negativo dipendente da causa non imputabile al notificante.

La ratio decidendi della sentenza si rinviene, infatti, nella duplice affermazione che l’obbligatoria rinnovazione della notificazione della citazione nulla prevista dall’art. 291 cod. proc. civ. non è un principio generale del processo civile e che la stessa giurisprudenza del Consiglio di Stato precedente all’entrata in vigore del codice escludeva la rinnovazione in caso di nullità imputabile al notificante, valorizzando la peculiare struttura del processo amministrativo.

Nel caso di specie, per contro, come si è detto in precedenza, la sanatoria con effetti ex tunc prevista dall’art. 156 cod. proc. civ. è espressione di un principio generale e la giurisprudenza del Consiglio di Stato era granitica nell’affermare la sua applicabilità alla nullità della notificazione del ricorso, in caso di costituzione della parte intimata.

8.− Deve pertanto essere dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 44, comma 3, cod. proc. amm., limitatamente alle parole «salvi i diritti acquisiti anteriormente alla comparizione,», per violazione dei princìpi e dei criteri direttivi della legge delega che imponevano al legislatore delegato di adeguare le norme vigenti alla giurisprudenza della Corte costituzionale e delle giurisdizioni superiori, e di coordinarle con le disposizioni del codice di procedura civile, in quanto espressive di princìpi generali.

9.− Restano assorbiti gli altri profili di illegittimità costituzionale della norma censurata, prospettati in riferimento agli artt. 3, 24, 111, 113 e 117, primo comma, Cost., quest’ultimo in relazione all’art. 6 CEDU.

Per Questi Motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 44, comma 3, del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104 (Attuazione dell’articolo 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69, recante delega al governo per il riordino del processo amministrativo), limitatamente alle parole «salvi i diritti acquisiti anteriormente alla comparizione,».

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22 maggio 2018.