Corte di Cassazione – Sentenza n. 25598 del 14 dicembre 2016

SENTENZA

sul ricorso 24931/2013

avverso la sentenza n. 1119/2012 della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata in data 8/08/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 28/09/2016 dal Consigliere Dott. ANTONIETTA SCRIMA;

udito l’Avvocato (OMISSIS) per delega;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SGROI Carmelo, che ha concluso per il rigetto.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Su ricorso della Fondazione (OMISSIS), il Tribunale di Torino, con d.i. depositato in data 12 febbraio 2008, ingiungeva alla (OMISSIS) S.r.l. il pagamento della somma complessiva di Euro 19.495,15, oltre interessi e spese processuali, a titolo di canoni di affitto d’azienda e di oneri accessori.

La societa’ ingiunta proponeva opposizione e avanzava pure domanda riconvenzionale in relazione ai propri crediti vantati nei confronti dell’opposta, della quale chiedeva la condanna al pagamento, in suo favore, della differenza risultante dalla compensazione, pari a Euro 18.170,05 (e non 18.1070,05 come indicato nella sentenza impugnata). La Fondazione (OMISSIS) si costituiva chiedendo il rigetto dell’opposizione domandando comunque la condanna dell’opponente sia al pagamento della somma di cui al di opposto che dell’importo di ulteriori Euro 20.079,21.

Il Tribunale di Torino, impartite le disposizioni opportune per l’adeguamento del rito alle previsioni di cui all’articolo 447 bis c.p.c., con sentenza del 20 aprile 2010, dichiarava inammissibili sia l’opposizione sia la domanda ulteriore proposta dall’opposta ed improcedibile la domanda riconvenzionale proposta dalla (OMISSIS) S.r.l..

In motivazione il Giudice di primo grado riteneva che, rispetto alla data di notifica della d.i., fosse ormai decorso il termine di 40 giorni allorche’ la causa era stata iscritta a ruolo e che, pertanto, l’opposizione dovesse essere considerata tardiva e, quindi, inammissibile; conseguentemente riteneva improcedibile la domanda riconvenzionale proposta dall’opponente e inammissibile l’ulteriore domanda risarcitoria formulata dalla Fondazione perche’ tardiva ed eccedente dal thema decidendum cristallizzato con il ricorso per d.i..

Avverso tale decisione la (OMISSIS) S.r.l. proponeva appello, cui resisteva la Fondazione (OMISSIS) che, in via di appello incidentale subordinato, proponeva domanda di condanna dell’appellante al risarcimento dei danni indicati nell’importo di Euro 10.631,00.

In particolare l’appellante principale sosteneva l’invalidita’ della notifica del d.i. effettuata in data 11 aprile 2008 presso lo studio del suo commercialista, Dott. (OMISSIS), ed asseriva che, nel caso all’esame, il dies a quo per la decorrenza del termine per proporre opposizione fosse il 28 aprile 2008, data della seconda notifica del di., effettuata nelle mani del suo legale rappresentante, evidenziando che in relazione a tale ultima data l’opposizione proposta era tempestiva.

La Corte di appello di Torino, con sentenza depositata in data 8 agosto 2012, ha rigettato l’appello e condannato l’appellante al rimborso delle spese di quel grado.

Avverso la sentenza della Corte di merito (OMISSIS) S.r.l. ha proposto ricorso per cassazione sulla base di un unico motivo.

lia resistito con controricorso la Fondazione (OMISSIS).

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo si lamenta “violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto (combinato disposto articolo 145 c.p.c. e articoli 645 e 447 bis c.p.c.) in relazione all’articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 5”.

La ricorrente critica la sentenza impugnata nella parte in cui la Corte territoriale ha ritenuto valida la notifica del d.i. effettuata in data 11 aprile 2008 presso lo studio del suo commercialista.

Ad avviso della ricorrente solo la notificazione dell’originario d.i. avvenuta in data 28 aprile 2008, e cioe’ quella resa a mani del legale rappresentante della (OMISSIS) S.r.l., poteva essere ritenuta valida ed efficace, con la conseguenza che soltanto da tale data poteva iniziare a decorrere il termine per la proposizione dell’opposizione al d.i..

Dall’esame delle relate di notifica allegate alla copia del d.i. notificato al legale rappresentante in data 28 aprile 2008 – secondo la ricorrente – emergerebbe chiaramente che la Fondazione era a conoscenza dell’identita’ del legale rappresentante dell’ingiunta; pertanto, qualora non fosse stato possibile effettuare la notificazione del di all’indirizzo della sede legale della (OMISSIS) S.r.l. (via (OMISSIS)), la Fondazione (OMISSIS) avrebbe dovuto procedere, ai sensi dell’articolo 145 c.p.c., nelle forme previste dagli articoli 138, 139 e 141 c.p.c., essendo essa perfettamente a conoscenza della persona fisica che rivestiva la carica di legale rappresentante dell’ingiunta.

In particolare la ricorrente censura l’affermazione della Corte di merito secondo cui la notifica effettuata in data 11 aprile 2008 presso lo studio del Dottor (OMISSIS) sarebbe “valida”, atteso che la societa’ ingiunta, con l’atto di opposizione, aveva evidenziato che la notifica era avvenuta presso tale studio che curava la contabilita’ dell’opponente in data 11 aprile 2008 e poi presso la residenza del legale rappresentante in data 28 aprile 2008 senza alcuna obiezione in ordine alla validita’ della prima.

Assume la ricorrente che doveva considerarsi inesistente, e non nulla, la notifica eseguita presso lo studio del Dottor (OMISSIS), non avendo la (OMISSIS) S.r.l. mai eletto domicilio presso il suddetto studio professionale, con conseguente impossibilita’ di raggiungimento dello scopo tipico della notificazione, perche’ effettuata in luogo non riferibile alla (OMISSIS) S.r.l., il che sarebbe confermato dal fatto che la stessa Fondazione (OMISSIS) avrebbe poi provveduto alla notifica a mani proprie dell’amministratore unico dell’ingiunta.

Sostiene inoltre la ricorrente che la sentenza impugnata va cassata nella parte in cui il giudice di secondo grado ha ritenuto che “la societa’ appellante, pur negando che la propria sede possa essere ricondotta al dottore commercialista (OMISSIS) e allo studio professionale di quest’ultimo, a cui si accede dal civico (OMISSIS), non ha in alcun modo dettagliato in quali termini detta sede possa considerarsi invece ubicata in Via (OMISSIS), e quale struttura ivi esistente e rinvenibile possa essere a lei funzionalmente collegata e riferibile”.

Tanto porrebbe in evidenza, secondo la ricorrente, il vizio di motivazione della sentenza impugnata, sul punto assolutamente contraddittoria. infatti la Corte di merito dapprima affermerebbe che la (OMISSIS) non avrebbe fornito idonea prova che la propria sede fosse effettivamente sita in (OMISSIS), risultando invece agli atti di causa le visure camerali depositate dall’appellata da cui emergerebbe in modo chiaro ed univoco l’esatto indirizzo, e poi affermerebbe che costituirebbe un modus operandi abituale del predetto professionista ubicare la sede di determinate societa’, nell’ambito delle quali riveste cariche sociali, proprio all’indirizzo di (OMISSIS), dove non e’ ravvisatine alcuna struttura significativa e non e’ consentito accedere o recedere dalla pubblica via e piu’ in generale comunicare e interloquire con nessuno. Tale affermazione sarebbe poi smentita dalla stessa Corte di appello laddove in sentenza si legge “i due indirizzi pertengono ad un unico ufficio posto alla intersezione tra le due arterie”.

1.1. Con riferimento alle doglianze veicolate con il n. 5 dell’articolo 360 c.p.c., si osserva che la sentenza impugnata e’ stata depositata in data 18 settembre 2013 e, pertanto, in relazione ai denunciati vizi motivazionali, risulta applicabile ratione temporis il nuovo testo dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5), introdotto dal Decreto Legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito con modifiche nella L. 7 agosto 2012, n. 134. Le Sezioni Unite di questa Corte, con la sentenza n. 8053 del 7/04/2014, hanno affermato che la gia’ richiamata riformulazione dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’articolo 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimita’ sulla motivazione. Pertanto, e’ denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in se’, purche’ il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, nella specie all’esame non sussistenti. In particolare, alla luce dell’articolata e specifica motivazione della Corte di merito (v. p. 5), non sono inconciliabili tra loro le affermazioni della sentenza evidenziate dalla ricorrente.

1.2. In relazione alla lamentata violazione di legge, si rileva che non puo’ ritenersi inesistente la prima notifica effettuata presso lo studio del commercialista, stante comunque il collegamento tra il predetto professionista e la societa’ ricorrente, curando il dott. (OMISSIS) la contabilita’ di quest’ultima (come da essa espressamente ammesso) ed avendo io stesso curato anche la ricezione della corrispondenza diretta alla (OMISSIS) S.r.l., oltre ad aver ricoperto cariche sociali in societa’ detentrice di’ una rilevante quota della (OMISSIS) S.r.l. (v. controncorso). Peraltro, l’intervenuto raggiungimento dello scopo della notifica risulta dalla stessa dichiarazione – fatta dalla (OMISSIS) S.r.l. nell’atto di opposizione – di avvenuta notifica “presso lo studio di commercialisti” che curava la contabilita’ dell’opponente, sicche’ l’eventuale invalidita’ della prima notifica sarebbe comunque sanata.

A quanto precede va poi aggiunto che, con accertamento di fatto, rimesso al giudice di merito e incensurabile in sede di’ legitti’mha’, in quanto nel caso di specie adeguatamente e congruamente motivato (Cass., 24 febbraio 2004 n. 3620), la Corte di merito ha accertato che la sede effettiva della (OMISSIS) S.r.l., e’ riconducibile allo studio del predetto commercialista.

2. Il ricorso deve essere, pertanto, rigettato.

3. Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

4. Va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimita’, che liquida in complessivi Euro 2.800,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali e accessori, come per legge; ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis.