Corte di Cassazione – Sentenza n. 1302 del 19 gennaio 2018

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 4669/2013 R.G. proposto da

Agenzia delle Entrate, in persona del direttore pro tempore, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende;
– ricorrente –

contro

Equitalia Polis S.p.A., rappresentata e difesa dall’avv. Gioacchino Fabio Bifuico, con domicilio eletto in Roma, via Montesanto 52, presso lo studio del difensore;
-controricorrente incidentale-

(omissis);
-intimato-

Avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania n. 06/34/2010, depositata l’11 gennaio 2010.
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza dell’Il ottobre 2017;
udito l’avv. Mario Capolupo per l’Avvocatura generale dello Stato;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Rita Sanlorenzo, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso principale, assorbito il ricorso incidentale.

FATTI DI CAUSA

(omissis) ha impugnato una pluralità di iscrizioni a ruolo, deducendo di averne avuto conoscenza solo a seguito del rilascio degli estratti di ruolo, essendo mancata la notificazione delle cartelle di pagamento.
La Commissione tributaria provinciale di Napoli ha accolto il ricorso e la relativa sentenza è stata confermata in grado d’appello dalla Commissione tributaria regionale della Campania (Ctr).
Contro tale sentenza l’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi, cui ha aderito, con controricorso
contenente ricorso incidentale, il concessionario Equitallia Polis S.p.a.

Il ricorso incidentale è affidato a tre motivi.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo del ricorso principale denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 19, comma 2, lett. d) del d. lgs. n. 546 del 1992 (art. 360, comma primo, n. 4, c.p.c.).
La Ctr ha ritenuto ammissibile l’autonoma impugnazione della iscrizione a ruolo, non accompagnata dalla contemporanea impugnazione della cartella di pagamento, che il contribuente assumeva non essergli stata ritualmente notificata.

La ricorrente sostiene che l’iscrizione a ruolo non è autonomamente impugnabile.

1.2. Il motivo è infondato. Le Sezioni Unite di questa Suprema corte hanno fissato il seguente principio: «E’ ammissibile l’impugnazione della cartella (e/o del ruolo) che non sia stata (validamente) notificata e della quale il contribuente sia venuto a conoscenza attraverso l’estratto di ruolo rilasciato su sua richiesta dal concessionario, senza che a ciò sia di ostacolo il disposto dell’ultima parte del terzo comma dell’art. 19 d.lgs. n. 546 del 1992, posto che una lettura costituzionalmente orientata di tale norma impone di ritenere che la ivi prevista impugnabilità dell’atto precedente non notificato unitamente all’atto successivo notificato non costituisca l’unica possibilità di far valere l’invalidità della notifica di un atto del quale il contribuente sia comunque legittimamente venuto a conoscenza e pertanto non escluda la possibilità di far valere tale invalidità anche prima, nel doveroso rispetto del diritto del contribuente a non vedere senza motivo compresso, ritardato, reso più difficile ovvero più gravoso il proprio accesso alla tutela giurisdizionale quando ciò non sia imposto dalla stringente necessità di garantire diritti o interessi di pari rilievo rispetto ai quali si ponga un concreto problema di reciproca limitazione (Cass., S.U, n. 19704/2015)».

2. Il secondo motivo denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 26 del d.P.R. n. 602 del 1973 (art. 360, comma primo, n. 3, c.p.c.).
La Ctr male avrebbe fatto a ritenere che la prova della notificazione della cartella di pagamento poteva darsi solo attraverso l’esibizione delle relazioni di notificazione eseguite a suo tempo. I documenti, infatti, non erano più nella disponibilità del concessionario, essendo decorso il quinquennio previsto dalla norma dell’art. 26 cit.
Il motivo è infondato. Grava sul concessionario della riscossione l’onere di provare la regolare notificazione della cartella di pagamento posta a base dell’iscrizione contestata. Tale onere deve essere assolto mediante produzione in giudizio della relata di notificazione, ovvero dell’avviso di ricevimento della raccomandata postale, essendo esclusa la possibilità di ricorrere a documenti equipollenti, quali, ad esempio, registri o archivi informatici dell’Amministrazione finanziaria o attestazioni dell’ufficio postale. In assenza di tali produzioni, l’onere probatorio posto a carico del concessionario non risulta assolto. Né quest’ultimo può fondatamente avvalersi del disposto di cui all’art. 26 del d.P.R. n. 602 del 1973, secondo cui il concessionario deve conservare per cinque anni la matrice o la copia della cartella con la relazione dell’avvenuta notificazione o l’avviso di ricevimento, ed ha l’obbligo di farne esibizione su richiesta del contribuente o dell’Amministrazione finanziaria: tale norma, infatti, non enuclea un’ipotesi di esenzione, oltre il quinquennio, dall’onere della prova a vantaggio del concessionario, limitandosi a stabilire che quest’ultimo conservi la prova documentale della cartella notificata a soli fini di esibizione al contribuente o all’Amministrazione. Ciò non toglie che, per le esigenze connaturate al contenzioso giurisdizionale, trovino pieno e continuativo vigore – se necessario, anche oltre i cinque anni – le disposizioni generali sul riparto e sul soddisfacimento dell’onere probatorio. Ne consegue che il concessionario è comunque tenuto, indipendentemente dal suddetto obbligo di conservazione nel quinquennio, a fornire in giudizio la prova della notificazione della cartella: una cosa essendo l’obbligo di conservazione a fini amministrativi, organizzativi ed ispettivi, e tutt’altra l’osservanza dell’onere probatorio, non derogato dalla norma speciale (Cass. n. 6887/2016).

3. Il terzo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli art. 115 e 116 c.p.c. (art. 360, comma primo, n. 3, c.p.c.).
Il giudice doveva verificare se la prova della notificazione potesse attingersi aliunde, in particolare la Ctr avrebbe dovuto tenere conto del fatto che l’obbligazione relativa a una delle iscrizioni era stata pagata parzialmente dal contribuente, il che era in contraddizione con la mancata notificazione.

3.1. Il motivo è inammissibile. La censura non riguarda una violazione di legge, ma la mancata considerazione di un fatto che avrebbe dovuto indurre la Ctr a decidere diversamente.

4. Il quarto motivo propone la medesima censura sotto omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione (art. 360, comma primo, n. 5, c.p.c.).

4.1. Il motivo è inammissibile. Non è indicato dove e come la deduzione relativa al parziale pagamento di una delle cartelle di cui si eccepiva la mancata notificazione fu introdotta in causa.

***

1. Il primo motivo del ricorso incidentale adesivo denuncia omessa e insufficiente motivazione in ordine al rispetto del termine di impugnazione delle iscrizioni ex art. 21 d. lgs. n. 546 del 1992.
1.1. Il motivo è inammissibile perché denuncia un vizio di motivazione su una questione di diritto processuale.
Esso è poi infondato. Il controricorrente ritiene che la conoscenza della iscrizione tramite l’estratto di ruolo impone che la impugnazione sia proposta nel termine, mentre così non è, come chiarito dalle Sezioni Unite con la pronuncia sopra citata: la conoscenza della iscrizione, acquisita mediante l’estratto di ruolo «non comporta l’onere bensì solo la facoltà dell’impugnazione, il cui mancato esercizio non determina alcuna conseguenza sfavorevole in ordine alla possibilità di contestare successivamente, in ipotesi dopo la notifica di un atto “tipico”, la pretesa della quale il contribuente sia venuto a conoscenza (eventualmente attraverso un atto “atipico”, in quanto ad esempio non manifestato in forma “autoritativa” oppure privo delle indicazioni previste dai secondo comma dell’articolo 19 citato) (Cass., S.U., n. 19704/2015).

2. Il secondo motivo del ricorso incidentale deduce la violazione e falsa applicazione art. 19 d. Igs. n 546 del 1992.
Esso, in quanto ripropone la censura oggetto del secondo motivo del ricorso principale, è al pari di questo infondato.

3. Il terzo motivo denuncia la violazione falsa applicazione dell’art. 26 del d.P.R. n. 602 del 1973.
Il motivo, in quanto ripropone la medesima censura oggetto del ricorso, principale è infondato per gli stessi motivi.

3.1. Nell’ambito di tale motivo si deduce che la prova della notificazione delle cartelle, che la Ctr ha ritenuto non fornita, era stata invece data.
La deduzione è ovviamente inammissibile: essa pone una
questione di fatto e non di diritto, per cui la censura andava semmai proposta come vizio di motivazione.

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In conclusione vanno rigettati sia il ricorso principale e sia il ricorso incidentale adesivo.
Nulla sulle spese.

P.Q.M.

rigetta il ricorso principale e il ricorso incidentale.