Corte di Cassazione – Ordinanza n. 549 del 11 gennaio 2018

ORDINANZA

sul ricorso 13745-2016 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. 06363391001, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AWOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;
ricorrente –

contro
(omissis);
– intimata –

avverso la sentenza n. 1821/17/2015 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE di PALERMO SEZIONE DISTACCATA, di CATANIA, depositata il 04/05/2015; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 28/09/2017 dal Consigliere Dott. PAOLA VELLA.
Rilevato che:
1. con riguardo ad avviso di accertamento per Irpef dell’anno d’imposta 1997, l’amministrazione ha impugnato la sentenza in epigrafe che ne ha dichiarato inammissibile l’appello, per “violazione e/o falsa applicazione art. 53 D.Lgs. 547/92, 4 e 7 ss L.890/82 ex360 n. 4 cpi”;
2. dopo un primo tentativo di notifica del ricorso del 30/05/2016, non andato a buon fine per essere risultata la destinataria “trasferita”, solo in data 6/09/2017 la ricorrente ha depositato “istanza di rinnovo di notifica” (e successiva produzione di certificazione camerale in data 8/09/2017), ed ha poi inoltrato una seconda notifica a mezzo posta in data 13-29/09/2017;
3. all’esito della camera di consiglio, il Collegio ha disposto l’adozione della motivazione in forma semplificata.
Considerato che:
4. il ricorso è inammissibile per difetto di rituale notifica, alla luce del principio per cui, “in tema di notificazioni degli atti processuali, qualora la notificazione dell’atto, da effettuarsi entro un termine perentorio, non si concluda positivamente per circostanze non imputabili a! richiedente, questi ha la facoltà e l’onere – anche alla luce del principio della ragionevole durata del processo, atteso che la richiesta di un provvedimento giudiziale comporterebbe un allungamento dei tempi del giudizio – di richiedere all’ufficiale giudiziario la ripresa del procedimento notificatorio, e, ai fini del rispetto de! termine, la conseguente notificazione avrà effetto dalla data iniziale di attivazione del procedimento, semprechè la ripresa del medesimo sia intervenuta entro un termine ragionevolmente contenuto, tenuti presenti i tempi necessari secondo la comune diligenza per conoscere l’esito negativo della notificazione e per assumere le informazioni ulteriori conseguentemente necessarie ’ (Cass. Sez. U., n. 17352/09; conf. Cass. n. 18074/12);
5. successivamente le Sezioni Unite di questa Corte hanno precisato che in tali casi il notificante, “appreso dell’esito negativo, per conservare gli effetti collegati alla richiesta originaria deve riattivare il processo notificatorio con immediatezza e svolgere con tempestività gli atti necessari al suo completamento, ossia senza superare il limite di tempo pari alla metà dei termini indicati dall’art. 325 c.p.c., salvo circostante eccezionali di cui sia data prova rigorosa1’ (Cass. Sez. U. n. 14594/16; conf. Cass. Sez. VI-5 n. 9102/17);
6. è stato inoltre precisato che “la sanzione per la notificazione tentata presso il domicilio non più attuale non è produttiva di alcun effetto in grado di sanare l’inosservanza del termine di impugnazione e di essa va perciò conseguentemente rilevata l’inammissibilità” (Cass. Sez. VI-5, n. 529/17), giacché “nella specie non si determina un’ipotesi di nullità della notificazione, ma ha luogo più esattamente un’ipotesi di inesistenza della notificazione, posto infatti che quando il procedimento non si è concluso mediante consegna di copia conforme all’originale dell’atto da notificare, la notificazione “è da ritenersi non compiuta, ma solo tentata, e ci sì viene a trovare di fronte ad un atto non già nullo, ma del tutto inesistente, perché giammai entrato a far parte della realtà dell’ ordinamento”, il che esclude che si possa procedere alla sua rinnovazione a mente dell’art. 291 c.p.c., e che rispetto ad esso possano essere perciò invocati gli effetti propri dell’atto nullo” (v. Cass. Sez. V, n. 4594/16; Sez. VI-5 n. 17717/17);
7. non si dà luogo a condanna alle spese per l’assenza della parte intimata, né si applica l’art. 13, co. 1-quater, d.P.R. 115/02, risultando soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato, in quanto amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato (Cass. Sez. U. sent. n. 9338/14; conf. Cass. sez. IV-L, ord. n. 1778/16 e Cass. VI-T, ord. n. 18893/16).

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 28/091/2017