Corte di Cassazione – Ordinanza n. 3805 del 16 febbraio 2018

ORDINANZA

sul ricorso 29404/2016 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS);

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1450/2016 della COMM.TRIB.REG. CAMPANIA, depositata il 18/02/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 28/09/2017 dal Consigliere Dott. MARIA ENZA LA TORRE.

RITENUTO IN FATTO

L’Agenzia delle entrate ricorre per la cassazione della sentenza della C.T.R. della Campania, n. 1450/44/16 dep. 18.2.2016, emessa su riassunzione del giudizio originato dal silenzio rifiuto sull’istanza di rimborso proposto da (OMISSIS), ex dirigente (OMISSIS), di cui alla sentenza della Cassazione n. 241/2014, che aveva accolto il ricorso del contribuente demandando alla C.T.R. di “quantificare la somma corrispondente al rendimento netto derivante dalla gestione sul mercato finanziario del capitale accantonato” su cui applicare l’aliquota del 12,50%.

La C.T.R., sulla base della certificazione rilasciata dall'(OMISSIS), su cui e’ stata applicata l’aliquota TFR del 32,46%, ha ritenuto applicabile l’aliquota del 12,50% sul rendimento certificato dall'(OMISSIS), disponendone il rimborso.

(OMISSIS) si costituisce con controricorso e deposita successiva memoria.

L’Agenzia delle entrate deposita memoria ex articolo 378 c.p.c..

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Preliminarmente va disattesa l’eccezione d’inammissibilita’ del ricorso per cassazione proposta dal controricorrente per carenza della prescritta sottoscrizione digitale del ricorso e della relata di notifica.

1.1.Va premesso che la notificazione telematica degli atti e’ disciplinata: dalla L. 21 gennaio 1994, n. 53, articoli 1, 3 bis, 6, 9 e 11; dal Decreto Legge n. 179 del 2012, articolo 16 septies, conv. L. n. 221 del 2012; dal Decreto Ministeriale n. 44 del 2011, articolo 18; dagli articoli 13 e 19 bis del Provvedimento del Responsabile S.I.A. del 16 aprile 2014, oltre che dal Decreto del Presidente della Repubblica 11 febbraio 2005, n. 68 (Regolamento recante disposizioni per l’utilizzo della posta elettronica certificata, a norma della L. 16 gennaio 2003, n. 3, articolo 27) e dal D.P.C.M. 2 novembre 2005 (Regole tecniche per la formazione, la trasmissione e la validazione, anche temporale, della posta elettronica certificata). In particolare la L. n. 53 del 1994, nel disciplinare le modalita’ di notifica tramite PEC, rimanda all’articolo 19 bis cit. (Notificazioni per via telematica eseguite dagli avvocati – articolo 18 del regolamento), emanate in attuazione del codice dell’amministrazione digitale, che al comma 1, e al comma 2, prevede solo che l’atto sia in formato PDF; cio’ anche nell’ipotesi di notifica tramite PEC da eseguirsi in un procedimento dinanzi alla Corte di cassazione.

1.2.Cio’ premesso l’Avvocatura di stato ha regolarmente depositato l’attestazione di conformita’ – del ricorso, delle relazioni di notifica e di tutta la documentazione – all’originale informatico dell’atto, sottoscritto con firma digitale e notificato come allegato ai messaggi di posta elettronica certificata, ai sensi della L. n. 53 del 1994, articoli 6 e 9, e del Decreto Legislativo n. 82 del 2005, articolo 23. Non e’ quindi esatto quanto afferma il controricorrente, sia con riferimento alla mancanza della firma digitale nel ricorso notificato via PEC, data la presenza di attestato di conformita’ all’originale informatico, sia circa la successiva modificabilita’ del documento sottoscritto con firma digitale PAdES (PDF Advanced Electronic Signatures), poiche’ questa puo’ essere verificata aprendo il file con l’idoneo programma (Acrobat Reader) opportunamente impostato, che non consente di inficiare la validita’ del documento firmato originariamente.

1.3.Peraltro le Sezioni Unite (con sentenza n. 7665 del 18 aprile 2016) hanno stabilito che anche alle notifiche PEC deve applicarsi il principio, sancito in via generale dall’articolo 156 c.p.c., secondo cui la nullita’ non puo’ essere mai pronunciata se l’atto ha raggiunto lo scopo a cui e’ destinato; principio che vale anche per le notificazioni, per le quali la nullita’ non puo’ essere dichiarata tutte le volte che l’atto, malgrado l’irritualita’ della notificazione, sia venuto a conoscenza del destinatario, statuendo altresi’, riguardo alla modalita’ con la quale l’eccezione di nullita’ viene sollevata, 11nammissibilita’ dell'”eccezione con la quale si lamenti un mero vizio procedimentale, “senza prospettare anche le ragioni per le quali l’erronea applicazione della regola processuale abbia comportato, per la parte, una lesione del diritto di difesa o possa comportare altro pregiudizio per la decisione finale della Corte”.

1.4.Quanto alla ulteriore deduzione di inammissibilita’ del ricorso per mancanza della firma nella relata di notifica, e’ anch’essa infondata, in applicazione della giurisprudenza di questa Corte, secondo cui in tema di notificazione del ricorso per cassazione a mezzo posta elettronica certificata (PEC), la mancanza, nella relata, della firma digitale dell’avvocato notificante non e’ causa d’inesistenza dell’atto, potendo la stessa essere riscontrata attraverso altri elementi di individuazione dell’esecutore della notifica, come la riconducibilita’ della persona del difensore menzionato nella relata alla persona munita di procura speciale per la proposizione del ricorso, essendosi comunque raggiunti la conoscenza dell’atto e, dunque, lo scopo legale della notifica (Cass. n. 6518 del 2017).

2. Col primo motivo del ricorso si deduce violazione di legge (articolo 383, 392 e 393 c.p.c., nonche’ articoli 16 e 17, articolo 41 comma 1, lettera g) quater, e articolo 42, comma 4 del TUIR, in relazione al Decreto Legge n. 669 del 1996, articolo 1 comma 5, conv. in L. n. 30 del 1997; al Decreto Legislativo 124 del 1993, articolo 13, comma 9; alla L. n. 335 del 1995, articolo 11, comma 3), per avere la C.T.R. erroneamente calcolato il rendimento come semplice differenza fra il capitale versato e il capitale liquidato, senza tener conto delle modalita’ contrattuali con le quali questo capitale veniva impiegato, alla luce del contratto che regola il Fondo.

3. Col secondo motivo si deduce error in procedendo ex articolo 360 c.p.c., n. 4, violazione dell’articolo 111 Cost., e del Decreto Legislativo n. 546 del 1992, articolo 36, e articoli 112 e 132 c.p.c., per nullita’ della sentenza, che si e’ limitata a rinviare ai conteggi provenienti dall'(OMISSIS) e dal contribuente, con cio’ mancando di motivazione.

4. Col terzo motivo del ricorso si deduce violazione di legge, Decreto Legislativo 124 del 1993, articolo 13, comma 9; Decreto Legge n. 669 del 1996, articolo 1 comma 5, conv. in L. n. 30 del 1996; articoli 16, 17, 42 TUIR.

5. Col quarto motivo si lamenta violazione di legge articolo 2697 c.c., e Decreto Legislativo n. 546 del 1992, articolo 62, comma 1.

6. Col quinto motivo si censura la sentenza impugnata per omesso esame di un fatto decisivo, inerente alla natura giuridica del rendimento sulla base della disamina dei meccanismi di funzionamento del fondo (OMISSIS), e omesso esame dell’impiego sui mercati dal capitale affluito nel (OMISSIS).

7. Il ricorso va accolto nei termini di cui in prosieguo.

7.1. Sulla questione si sono pronunciate le Sezioni Unite di questa Corte (n. 13642 del 2011), che hanno affermato il seguente principio: “In tema di fondi previdenziali integrativi, le prestazioni erogate in forma capitale ad un soggetto che risulti iscritto, in epoca antecedente all’entrata in vigore del Decreto Legislativo n. 124 del 1993, ad un fondo di previdenza complementare aziendale a capitalizzazione di versamenti e a causa previdenziale prevalente, sono soggette al seguente trattamento tributario: a) per gli importi maturati fino al 31 dicembre 2000, la prestazione e’ assoggettata al regime di tassazione separata di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, articolo 16, comma 1, lettera a), e articolo 17, solo per quanto riguarda la “sorte capitale” corrispondente all’attribuzione patrimoniale conseguente alla cessazione del rapporto di lavoro, mentre alle somme provenienti dalla liquidazione del c.d. rendimento si applica la ritenuta del 12,50%, prevista dalla L. n. 482 del 1985, articolo 6; b) per gli importi maturati a decorrere dal 1 gennaio 2001 si applica interamente il regime di tassazione separata di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, articolo 16, comma 1, lettera a), e articolo 17″.

7.2.Alla stregua di tali principi, il meccanismo impositivo di cui alla L. n. 482 del 1985, articolo 6, (aliquota del 12,5% sulla differenza tra l’ammontare del capitale corrisposto e quello dei premi riscossi, ridotta del 2% per ogni anno successivo al decimo) si applica agli iscritti al fondo di previdenza complementare aziendale ( (OMISSIS)/ (OMISSIS) da epoca antecedente all’entrata in vigore del Decreto Legislativo n. 124 del 1993), sulle somme percepite a titolo di liquidazione in capitale del trattamento di previdenza integrativa aziendale, solo limitatamente agli importi maturati entro il 31.12.2000 che provengano dalla liquidazione del rendimento del capitale.

7.3. Tali principi, non sono risultati pero’, di fatto, interamente risolutivi delle controversie pendenti, essendo emerse tra le parti in lite – nella presente come in altre controversie, come anche nei giudizi di rinvio dalla cassazione – contrapposte interpretazioni circa il concetto di “rendimento netto”, cui applicare la detta ritenuta del 12,5%.

7.4.Di recente questa Corte ha avuto modo di precisare ulteriormente i principi espressi dalla citata sentenza delle S.U., affermando il seguente principio di diritto, che si intende qui ribadire: “in tema di fondi previdenziali integrativi, le prestazioni erogate in forma di capitale ad un soggetto che risulti iscritto, in epoca antecedente all’entrata in vigore del Decreto Legislativo 21 aprile 1993, n. 124, ad un fondo di previdenza complementare aziendale a capitalizzazione di versamenti e a causa previdenziale prevalente, sono soggette al seguente trattamento tributario: a) per gli importi maturati a decorrere dal 1 gennaio 2001 si applica interamente il regime di tassazione separata di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, articolo 16, comma 1, lettera a), e articolo 17, (nel testo vigente ratione temporis); b) per gli importi maturati fino al 31 dicembre 2000, invece, la prestazione e’ assoggettata a detto regime di tassazione separata solo per quanto riguarda la sorte capitale, costituita dagli accantonamenti imputabili ai contributi versati dal datore di lavoro e dal lavoratore e corrispondente all’attribuzione patrimoniale conseguente alla cessazione del rapporto di lavoro, mentre si applica la ritenuta del 12,50%, prevista dalla L. 26 settembre 1985, n. 482, articolo 6, alle somme provenienti dalla liquidazione del c.d. rendimento. Sono tali le somme derivanti dall’effettivo investimento del capitale accantonato sul mercato – non necessariamente finanziario – non anche quelle calcolate attraverso l’adozione di riserve matematiche e di sistemi tecnico-attuariali di capitalizzazione, al fine di garantire la copertura richiesta dalle prestazioni previdenziali concordate” (Cass. 26/04/2017, n. 10285 e Cass. n. 12267 del 17/05/2017).

8. In tali termini il ricorso merita pertanto accoglimento e la sentenza impugnata va cassata con rinvio, per nuovo esame, alla Commissione tributaria regionale della Campania, in diversa composizione, che provvedera’ anche in ordine alle spese del presente giudizio di legittimita’.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese, alla Commissione tributaria regionale della Campania, in diversa composizione.