Consiglio di Stato – Ordinanza n. 1322 del 23 marzo 2017

ORDINANZA DI RIMESSIONE ALL’ADUNANZA PLENARIA

sul ricorso in appello nr. 9161 del 2016, proposto da S.Coop. Soc., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Saverio Sticchi Damiani, Giuseppe Cozzi e Luigi Giuseppe Decollanz, con domicilio eletto presso il primo in Roma, piazza San Lorenzo in Lucina, 26,

contro

il COMUNE DI BARI, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Rosa Cioffi, con domicilio eletto presso l’avv. Fabio Caiaffa in Roma, via Nizza, 53,

nei confronti di

G. Soc. Coop. Soc., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Calogero Cicero e Aurelio Rundo Sotera, domiciliata ex art. 25 cod. proc. amm. presso la Segreteria del Consiglio di Stato in Roma, piazza Capo di Ferro, 13,

per l’annullamento e/o la riforma

della sentenza del T.A.R. della Puglia, sede di Bari, Sezione Prima, nr. 951/2016, depositata in Segreteria in data 20 luglio 2016, che ha dichiarato irricevibile il ricorso proposto da S Coop. Soc. per l’annullamento della determinazione nr. 2015/14127 – 2015/160/02445 del 23 novembre 2015 con la quale il Comune di Bari, Ripartizione Stazione Unica Appaltante – Contratti e Gestione LL.PP. – P.O.S. Gare ha definitivamente aggiudicato a G. Coop. Soc. il servizio per il rafforzamento di assistenza domiciliare anziani e disabili gravi ultrasessantacinquenni.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Bari e di G. Soc. Coop. Soc.;

Vista la memoria prodotta dall’appellante in data 18 febbraio 2017 a sostegno delle proprie difese;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, all’udienza pubblica del giorno 2 marzo 2017, il Consigliere Raffaele Greco;

Uditi l’avv. Sticchi Damiani per l’appellante, l’avv. Cioffi per il Comune di Bari e l’avv. Cicero per l’appellata;

Ritenuto in fatto e in diritto quanto segue:

1. Con D.D. Ripartizione Solidarietà Sociale nr. 13554 del 17 dicembre 2013 (così come modificata con successive determinazioni nr. 374 del 23 gennaio 2014 e nr. 5072 del 24 aprile 2014) il Comune di Bari ha indetto una procedura ristretta ex artt. 3, comma 38, e 55 del decreto legislativo 12 aprile 2006, nr. 163, per l’affidamento del servizio di assistenza domiciliare di tipo socio-assistenziale e del servizio di assistenza domiciliare integrata in favore di persone anziane e disabili, da aggiudicarsi con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa.

Con successiva determinazione nr. 2015/14127 – 2015/160/02445 del 23 novembre 2015 l’Amministrazione comunale ha definitivamente aggiudicato la gara alla G. Coop. Soc. (d’ora innanzi: “G.”), mentre S.Coop. Soc. (d’ora innanzi: “S”) si è classificata seconda.

2. Con ricorso notificato a mezzo posta elettronica certificata (PEC), S ha quindi impugnato, dinanzi al T.A.R. della Puglia, il provvedimento di aggiudicazione definitiva nonché una serie di atti presupposti, lamentandone l’illegittimità per violazione dell’art. 38 del d.lgs. nr. 163/2006, per violazione della legge regionale della Puglia del 10 luglio 2006, nr. 19, e della lex specialis di gara, nonché per eccesso di potere per travisamento dei presupposti e ingiustizia manifesta.

2.1. In particolare l’odierna appellante ha rilevato che, ai sensi dell’art. 38 del d.lgs. nr. 163/2006, il Comune di Bari avrebbe dovuto escludere G dalla procedura di gara in considerazione delle gravissime vicende penali che avevano coinvolto il rappresentante legale della stessa.

2.2. In secondo luogo, l’istante ha censurato la valutazione operata dall’Amministrazione comunale dei progetti tecnici di G e S, rilevando l’erronea e irragionevole attribuzione dei punteggi, sia in difetto, nei riguardi della stessa istante, che in eccesso, nei riguardi della controinteressata.

2.3. Infine, la ricorrente ha dedotto l’incongruità e inattendibilità dell’offerta economica dell’aggiudicataria G.

3. Il T.A.R. della Puglia si è pronunciato sul ricorso con la sentenza in epigrafe, dichiarandolo irricevibile e comunque infondato nel merito.

3.1. Nello specifico, il Tribunale di prime cure ha accolto l’eccezione di irricevibilità del ricorso sollevata dalla difesa comunale e da G, aderendo all’orientamento giurisprudenziale in base al quale, in assenza di apposita autorizzazione presidenziale, è inammissibile nel processo amministrativo la notifica del ricorso a mezzo PEC, per cui la stessa deve essere considerata inesistente e dunque non sanabile neanche con la successiva costituzione in giudizio dei soggetti destinatari della stessa.

Il T.A.R. poi, richiamando il medesimo orientamento, ha rilevato che, anche qualora si volesse ritenere tale notifica nulla anziché inesistente, gli effetti sananti della costituzione degli intimati avrebbero, ex art. 44, comma 3, cod. proc. amm., efficacia ex nunc, per cui rimarrebbero salve eventuali decadenze già maturate in danno del notificante prima della costituzione in giudizio del destinatario della notifica, ivi compresa la scadenza del termine di impugnazione, circostanza verificatasi nel caso di specie.

3.2. Il Tribunale di prime cure ha altresì esaminato ad abundantiam i motivi di impugnazione della società istante, ritenendoli infondati.

3.2.1. In particolare, in relazione alla prima censura, il T.A.R. ha rilevato che le vicende penali riguardanti l’ex rappresentante legale della controinteressata non potevano farsi rientrare tra le cause di esclusione previste dall’art. 38, comma 1, lettera c), del d.lgs. 163/2006, non risultando intervenuta a suo carico alcuna sentenza penale di condanna passata in giudicato né altro similare provvedimento di condanna irrevocabile.

3.2.2. In merito alle censure relative alla valutazione dell’offerta tecnica, il primo giudice ha poi escluso il contrasto dell’operato della Commissione di valutazione con la lex specialis, nonché la presenza di macroscopiche irrazionalità e incongruenze sindacabili dal giudice amministrativo.

3.2.3. Per quel che concerne poi il vizio d’incongruità dell’offerta economica della controinteressata, il T.A.R. ha rilevato la genericità della contestazione, non compensata dalle successive e più dettagliate memorie, le quali contenevano inammissibili ulteriori motivi di gravame.

4. Con l’odierno appello, l’originaria ricorrente insorge avverso la predetta pronuncia, lamentandone l’erroneità sotto plurimi profili.

4.1. In primo luogo, l’appellante deduce l’erroneità della statuizione di irricevibilità, richiamando a tal proposito l’orientamento giurisprudenziale secondo il quale la legge 21 gennaio 1994, nr. 53, e la notifica a mezzo PEC che questa disciplina, troverebbero immediata applicazione nel processo amministrativo, con la conseguenza che non può considerarsi ostativa alla validità ed efficacia di tale notifica la mancata autorizzazione presidenziale ex art. 52, comma 2, cod. proc. amm., la quale si riferisce alle sole “forme speciali” di notifica.

Sostiene poi S che, in caso di mancata condivisione di tale orientamento, la notifica sarebbe comunque nulla, e non inesistente, e risulterebbe quindi sanata dalla costituzione delle parti intimate.

Da ultimo, rileva l’appellante, stante l’inesistenza di un indirizzo giurisprudenziale unanime sul punto, che l’errore in cui è incorsa sarebbe comunque scusabile ex art. 37 cod. proc. amm.

4.2. In secondo luogo, l’appellante evidenzia l’erroneità della pronuncia in epigrafe nella parte in cui ha ritenuto dedotta la violazione della lettera c) dell’art. 38 del d.lgs. nr. 163/2006, laddove in realtà nel ricorso si era contestata l’assenza in capo all’aggiudicataria del requisito soggettivo di cui alla lettera f) del medesimo articolo, relativo al rapporto di fiducia e di affidabilità che deve sussistere tra stazione appaltante e aggiudicatario.

Non essendosi quindi pronunciato sul profilo in questione, il giudice di primo grado avrebbe violato il principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato sancito dall’art. 112 cod. proc. civ.

4.3. In terzo luogo, S assume l’erroneità della statuizione del T.A.R. nella parte in cui ha disatteso il secondo e il terzo motivo di ricorso, poiché, a dispetto di quanto affermato dal giudice di prime cure, nell’attribuzione dei punteggi alle offerte tecniche vi erano stati macroscopici episodi di illogicità e di incongruenza valutativa da parte della Commissione giudicatrice.

4.4. Infine, l’appellante rileva l’erroneità della sentenza di primo grado nella parte in cui ha ritenuto che le argomentazioni dedotte con le successive memorie risultavano nuove e quindi inammissibili, mentre si trattava – si assume – di mere specificazioni, a seguito delle avverse difese, di censure già presenti nel ricorso introduttivo.

5. Il Comune di Bari e l’appellata G si sono costituiti in giudizio, entrambi opponendosi all’accoglimento dell’appello.

6. All’udienza del 2 marzo 2017, la causa è stata trattenuta in decisione.

7. Tutto ciò premesso, la Sezione ritiene di dover devolvere all’Adunanza plenaria di questo Consiglio di Stato la questione di diritto, meglio di seguito indicata, sottesa al primo motivo di appello, stante il carattere pregiudiziale della stessa rispetto alle altre censure dedotte (come già evidenziato, il ricorso di primo grado è stato dichiarato irricevibile e solo per completezza il T.A.R. ne ha esaminato anche il merito), e considerato che in relazione alla stessa sussistono difformità di indirizzi in giurisprudenza potenzialmente idonei a pregiudicare l’equa ed uniforme applicazione della normativa di riferimento.

8. Più specificamente, oggetto della questione è se, nel sistema anteriore all’entrata in vigore dell’art. 14 del d.P.C.M. 16 febbraio 2016, nr. 40 (“Regolamento recante le regole tecnico-operative per l’attuazione del processo amministrativo telematico”), fosse ammissibile nel processo amministrativo la notifica del ricorso introduttivo a mezzo PEC anche in difetto di apposita autorizzazione presidenziale ex art. 52, comma 2, cod. proc. amm.

Sul punto, come emerso anche nel presente giudizio, vi è un’evidente spaccatura nella giurisprudenza di questo Consiglio di Stato.

8.1. In base all’orientamento minoritario, seguito dalla sentenza impugnata, nel processo amministrativo, in assenza di apposita autorizzazione presidenziale ex art. 52 comma 2, cod. proc. amm. è inammissibile la notifica del ricorso giurisdizionale mediante posta elettronica certificata ai sensi della legge 21 gennaio 1994, nr. 53 (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 17 gennaio 2017, nr. 130; id., 17 gennaio 2017, nr. 156; id., 13 dicembre 2016, nr. 5226; id., sez. III, 20 gennaio 2016, nr. 189).

Secondo tale indirizzo, la notifica a mezzo PEC non è utilizzabile, “essendo esclusa, in base al disposto di cui all’art. 16-quater, comma 3-bis [aggiunto dall’art. 46 del d.l. 24 giugno 2014, nr. 90] del D.L. n. 179/12 come convertito dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, l’applicabilità alla giustizia amministrativa delle disposizioni idonee a consentire l’operatività nel processo civile del meccanismo di notificazione in argomento (ovvero i commi 2 e 3 del medesimo art. 16-quater), solo all’esito della cui adozione (…) detto meccanismo ha acquistato effettiva efficacia nel processo civile e penale (…); e ciò tenuto conto della mancanza di un apposito Regolamento, che, analogamente al D.M. 3 aprile 2013, n. 48 concernente le regole tecniche per l’adozione nel processo civile e nel processo penale delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, detti le relative regole tecniche anche per il processo amministrativo e che non può che individuarsi nel D.P.C.M. previsto dall’art. 13 dell’All. 2 al c.p.a. (…) solo all’esito del quale l’intero processo amministrativo digitale avrà una completa regolamentazione e la notifica del ricorso a mezzo PEC potrà avere effettiva operatività ed abbandonare l’inequivocabile ed ineludibile carattere di specialità oggi affermato dall’art. 52, comma 2, c.p.a., che prevede per il suo utilizzo, facendo all’uopo espresso riferimento all’art. 151 c.p.c., una specifica autorizzazione presidenziale, del tutto mancante nel caso all’esame” (Cons. Stato, sez. III, nr. 189/2016, cit.).

Sulla scorta di tale giurisprudenza quindi, fino all’entrata in vigore del d.P.C.M. previsto dall’art. 13 dell’Allegato 2 al codice del processo amministrativo, la notifica a mezzo PEC deve essere considerata una forma speciale di notificazione che, in assenza di apposita autorizzazione presidenziale, non può che risultare inesistente, e dunque insanabile.

11.2. L’altro orientamento, di gran lunga prevalente, riconosce, al contrario, l’immediata applicazione nel processo amministrativo delle norme sancite dagli artt. 1 e 3-bis della legge nr. 53/1994, secondo cui “la notificazione degli atti in materia civile, amministrativa e stragiudiziale può essere eseguita a mezzo di posta elettronica certificata” (cfr. ex plurimis e da ultimo, Cons. Stato, sez. IV, 22 novembre 2016, nr. 4895; id., sez. V, 4 novembre 2016, nr. 4631; id., sez. VI, 26 ottobre 2016, nr. 4490; id, sez. III, 10 agosto 2016, nr. 3565; id., 6 luglio 2016, nr. 3007; id., 14 gennaio 2016, nr. 91; id., sez. VI, 22 ottobre 2015, nr. 4862; id., sez. III, 9 luglio 2015, nr. 4270; id., sez. VI, 28 maggio 2015, nr. 2682; C.g.a.r.s., 8 luglio 2015, nr. 615).

D’altronde, si rileva nelle sentenze che seguono tale secondo indirizzo, il sopra citato art. 46, che ha introdotto il comma 3-bis all’art. 16-quater del d.l. nr. 179/12, non ha sancito l’inapplicabilità, al processo amministrativo, del meccanismo della notificazione in via telematica a mezzo PEC prevista dalla legge nr. 53/1994, ma solo delle disposizioni (commi 2 e 3 dell’art. 16-quater del d. l. nr. 179/2012) che demandano a un decreto del Ministro della giustizia l’adeguamento alle nuove disposizioni delle regole tecniche già dettate col d.m. 21 febbraio 2011, n. 44, e che regolano l’acquisizione di efficacia delle disposizioni di cui al comma 1 dell’art. 16-quater.

Né l’immediata applicabilità delle norme di legge vigenti sulla notifica del ricorso a mezzo PEC può essere subordinata all’entrata in vigore del d.P.C.M. al quale fa riferimento l’art. 13 dell’Allegato 2 al codice del processo amministrativo.

Stante dunque l’immediata applicabilità della legge nr. 53/1994, la mancata autorizzazione presidenziale non può considerarsi ostativa alla validità ed efficacia della notificazione del ricorso a mezzo PEC, atteso che la disposizione di cui all’art. 52, comma 2, cod. proc. amm. si riferisce a “forme speciali” di notifica, quale non è, come si è visto, quella in esame.

12. Questo Collegio condivide tale ultimo indirizzo, che appare conforme non solo al contenuto e alla lettera del comma 3-bis dell’art. 16-quater citato ma anche alla tendenza – emergente dalla citata legge nr. 53/1994 nonché dalle successive integrazioni e modificazioni della stessa – del processo amministrativo a trasformarsi in processo telematico, atteso che una diversa interpretazione della normativa in questione non potrebbe che costituire un’irragionevole arresto del percorso in atto (poi culminato con l’entrata in vigore del già citato d.P.C.M. 16 febbraio 2016, nr. 40).

13. Tutto ciò premesso, alla luce del contrasto giurisprudenziale rilevato, e considerato il significativo rilievo pratico della questione controversa (le disposizioni del citato d.P.C.M. nr. 40/2016 – giusta il disposto dell’art. 21 del medesimo decreto, come modificato dall’art. 2, comma 1, d.l. 30 giugno 2016, nr. 117, convertito con modificazioni dalla legge 12 agosto 2016, nr. 161 – si applicano solo ai ricorsi depositati a partire dal 2 gennaio 2017, di modo che la questione potrà porsi ancora in un cospicuo numero di giudizi introdotti in data anteriore), il Collegio ritiene opportuno sottoporre il ricorso all’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, a norma dell’art. 99, comma 1, cod. proc. amm.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), non definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, ne dispone il deferimento all’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato.

Manda alla Segreteria della Sezione per gli adempimenti di competenza, e, in particolare, per la trasmissione del fascicolo di causa e della presente ordinanza al Segretario incaricato di assistere all’Adunanza plenaria.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 2 marzo 2017 con l’intervento dei magistrati:

Marco Lipari, Presidente

Manfredo Atzeni, Consigliere

Raffaele Greco, Consigliere, Estensore

Massimiliano Noccelli, Consigliere

Pierfrancesco Ungari, Consigliere